29 Novembre 2019  – ore 21.00

La Compagnia Teatrale “Un Po’ Fuori” Presenta lo spettacolo “IO”
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“I Delfini Biricchini” Presentano lo spettacolo “Il Matto”
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BalconBand In Acustico (Musica Popolare Dal Nord Al Sud Italia)

“IO” è figlio del laboratorio Teatrando (finanziato lo scorso anno dalla Fondazione Comunitaria del Varesotto nell’ambito del bando assistenza sociale 2018) che ancora sta dando la possibilità a 30 artisti diversamente abili di parlare di se ed esprimere il proprio punto di vista, per poi proporlo al pubblico attraverso il teatro… un’ azione che spessissimo lascia sbalorditi!

Progetto Promozione Lavoro di Olgiate Olona (VA), promotore del progetto, assieme a Arca88 di Olgiate Comasco (CO) e Brugnoli Tosi di Busto Arsizio (VA) che da anni si occupano della persona diversamente abile e alla stessa desiderano dare dignità attraverso svariati laboratori, hanno deciso di intraprendere questo cammino teatrale assieme per far si che la persona venga riconosciuta in tutto il suo essere.

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FRIDA. VIVA LA VIDA

Un docu-film di Giovanni Troilo
con la partecipazione di Asia Argento

FRIDA. VIVA LA VIDA, prodotto da Ballandi Arts e Nexo Digital, è un film documentario che mette in luce le due anime di Frida Kahlo: da una parte l’icona, pioniera del femminismo contemporaneo, tormentata dal dolore fisico, e dall’altra l’artista libera dalle costrizioni di un corpo martoriato. Tra lettere, diari e confessioni private, il docufilm diretto da Giovanni Troilo propone un viaggio nel cuore del Messico suddiviso in sei capitoli, alternando interviste esclusive, documenti d’epoca, ricostruzioni suggestive e l’immersione nelle opere della Kahlo.Nel corso degli anni, Frida è diventata un modello di riferimento: ha influenzato artisti, musicisti, stilisti. La sua importanza ha superato perfino la sua grandezza. Nelle opere di Frida c’è un legame profondo tra dolore e forza, tormento e amore.

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FRIDA KAHLO: LA LIBERTÀ CHE GUIDA IL POPOLO

di Beatrice Fiorello

Frida Kahlo è oggi un assoluto must della cultura popolare. Citazioni e opere sono riproposte un po’ ovunque, tanto da sfiorare neanche troppo lievemente il concetto di “troppo mainstream” tanto caro ai modaioli: è quasi come una Beatlemania, viene presa e rimescolata un po’ in tutte le salse, e senza conoscere abbastanza di lei si corre il rischio di dimenticarsi che dietro alla popolarità c’è una persona reale, che ha vissuto un’esistenza dolorosa e tormentata.
Frida nacque nel 1907 in Messico. Contrasse la poliomielite in tenera età, e a diciotto anni rimase coinvolta in un incidente che le causò un’invalidità permanente e costanti dolori che la tormentarono fino al termine della sua breve vita, nel 1954. Figlia di un immigrato tedesco e di una mestiza, Frida crebbe in un ambiente intriso di tradizioni millenarie estremamente radicate e variegate. Sposò l’artista Diego Rivera, dal quale venne più volte tradita e lasciata.

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TORO SCATENATO (Raging Bull)

Regia di Martin Scorsese – USA, 1980 – 129′ Biografico

con Robert De Niro, Joe Pesci, Cathy Moriarty, Coley Wallace, Frank Adonis, James V. Christy.

Vita di Jake LaMotta (Robert De Niro), detto il “Toro del Bronx”, pugile italoamericano campione mondiale dei pesi medi nel 1949: ebbe una carriera discontinua fatta di successi e cadute e una vita privata altrettanto irregolare, a causa del turbolento rapporto con la moglie Vickie (Cathy Moriarty) e col fratello-manager Joey (Joe Pesci). Un biopic, tratto da una sceneggiatura di Mardik Martin e Paul Schrader rielaborata da Martin Scorsese con Robert De Niro. Scandita in tappe che alternano gli incontri sul ring a momenti di vita personale, la parabola sportiva/esistenziale di Jake LaMotta disgrega i confini del genere del film pugilistico, perché all’autore interessa principalmente esplorare la personalità brutale e l’autolesionismo del protagonista e ritrarre l’affresco sociale di un mondo corrotto e violento (la boxe e i suoi legami con la malavita). Dalla splendida apertura sulle note della Cavalleria rusticana alle sequenze dei match filmate con incredibile, visionario realismo (ognuna risolta con una diversa soluzione stilistica: dal piano-sequenza con steady-cam al jump-cut e al ralenti), il film si nutre del superbo bianco e nero di Michael Chapman (con alcuni spezzoni a colori) e del montaggio della fedele e geniale Thelma Schoonmaker, premiata con l’Oscar. L’altra statuetta vinta non poteva che premiare l’interpretazione di Robert De Niro, perfetto e rigoroso esempio del metodo Actors Studio.
Paolo Castelli

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IL MANIFESTO DEL CINEMA DI MARTIN SCORSESE.

Nicola Falcinella – Mymovies.it

Film dalla gestazione complicata, scandita da mille dubbi, Toro scatenato è uno dei capolavori di Martin Scorsese, uno dei manifesti del suo cinema. Fin dall’ipnotica sequenza iniziale sul ring, sulle note della Cavalleria rusticana di Mascagni, è dichiarato che il protagonista non combatte solo contro i rivali, ma anche contro sé stesso e ciò che lo circonda. Nell’economia della pellicola le scene di boxe, girate con una sola macchina da presa andando in direzione opposta ai film di pugilato dell’epoca come Rocky, occupano una porzione limitata.

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IL CAMPIONE

Regia di Leonardo D’Agostini – Italia, 2019 – 105′
con Stefano Accorsi, Andrea Carpenzano, Ludovica Martino

Christian Ferro (Andrea Carpenzano) gioca in Serie A ed è un fuoriclasse giovanissimo che non riesce a fare i conti con il suo carattere indisciplinato. Spesso al centro di scandali mediatici, viene costretto dalla società sportiva a superare l’esame di maturità, pena l’esclusione dalla rosa in campo. Valerio (Stefano Accorsi), un professore schivo e rassegnato, viene scelto per accompagnare il ragazzo durante gli studi.
Leonardo D’agostini firma un classico romanzo di formazione, interessante per l’ambientazione insolita in cui cala i personaggi. Il campione prende le mosse dal mondo del calcio per raccontare l’incontro/scontro tra due solitudini accomunate da un vuoto emotivo. Christian e Valerio sono facce di una stessa medaglia, un padre senza figlio e un figlio senza un vero padre.

Paolo Castelli

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SPORT MOVIE ALL’AMERICANA DALLA STRUTTURA CLASSICA, BEN SCENEGGIATO E MOLTO BEN INTERPRETATO DA ANDREA CARPENZANO.

Paola Casella – Mymovies.it

Christian Ferro sembra avere tutto dalla vita: a vent’anni, vive in una megavilla con più Lamborghini in garage, ha una fidanzata influencer, migliaia di fan adoranti e un contratto multimilionario con la AS Roma. Ma la sua brillante carriera di attaccante è messa a rischio dal carattere iracondo e dalla bravate cui si abbandona, istigato da tre amici che lo provocano accusandolo di essersi “ripulito”. Il campione infatti viene dal Trullo, quartiere periferico della Capitale, e ha alle spalle anni di miseria e degrado, un padre assente e una madre scomparsa troppo presto. Non c’è personal trainer, psicologo o life coach che tenga: Christian continua a comportarsi come un asociale, coperto dall’impunità che accompagna quei campioni cui il pubblico perdona (quasi) tutto.

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L’APPARTAMENTO (THE APARTMENT)

Regia di Billy Wilder – USA, 1960 – 125′ Commedia – con Shirley MacLaine, Jack Lemmon, Fred MacMurray, Ray Walston, Jack Kruschen, Hal Smith.

New York. Mediocre impiegato di una gigantesca società di assicurazioni, Bud Bexter (Jack Lemmon) fa carriera prestando il proprio appartamento ai suoi superiori per le loro avventure extra-coniugali, ricevendo, in cambio, scatti di carriera. Le cose cambieranno quando il gran capo della compagnia (Fred MacMurray) si presenterà in casa del protagonista con la dolce Miss Kubelik (Shirley MacLane), di cui Bud è da sempre innamorato. Una delle migliori commedie ‘ciniche’ di Billy Wilder (scritta insieme a I.A.L. Diamond). Girato quasi completamente in interni (fotografia di Joseph LaShelle), in una New York grigia e avvolgente magnificamente ricostruita più vera del vero, che sta addosso ai protagonisti quasi soffocandoli, L’appartamento è la pellicola più amara e feroce di Wilder: gli individui si ritrovano, più per inerzia che per vero arrivismo, a sfruttarsi a vicenda nei modi più biechi e desolanti, andando a formare un grande equilibrio di ipocrisie e di egoismi. Tutto ciò, e questo è l’aspetto davvero rilevante, viene veicolato attraverso il registro della commedia leggera hollywoodiana. Grazie alle interpretazioni brillanti di Jack Lemmon e Shirley MacLaine, ai dialoghi spumeggianti e al consueto ritmo indiavolato della regia di Billy Wilder, il film scorre via leggerissimo e divertentissimo, ma, a posteriori, lascia dentro allo spettatore una profonda malinconia. Cinque Oscar (film, regia, sceneggiatura, scenografia e montaggio), più altre cinque nomination (tra cui quelle a Jack Lemmon e Shirley MacLaine).

Paolo Castelli

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UN CAPOLAVORO DELLA COMMEDIA AGRODOLCE E DELLA SATIRA SOCIALE.

Marianna Cappi – Mymovies.it

C.C. Baxter è contabile presso una grande compagnia di assicurazioni, a New York. Per tentare di fare carriera, affitta il suo appartamento ai dirigenti per i loro incontri extraconiugali, nonostante in questo modo, tra ritardi e imprevisti, non riesca quasi a vivere a casa propria. Le cose per lui si complicano terribilmente quando si innamora di Fran Kubelik, ascensorista della compagnia, amante del capo del personale, a sua volta interessato all’utilizzo dell’appartamento di Baxter.
Con L’appartamento Billy Wilder raggiunge il suo vertice creativo e, per sua stessa ammissione, non ritroverà più le stesse altezze.
L’allievo di Lubitsch, in questo film, arriva a far combaciare un meccanismo comico a dir poco sofisticato e impeccabile (a tutt’oggi un esempio insuperato) con l’umorismo berlinese delle sue origini, sfumato di coraggiosa e insindacabile amarezza. Cinismo e patetismo vanno di pari passo con un romanticismo sincero, in questa commedia in cui la massima aspirazione di un uomo è rappresentata dalla chiave della toilette dei dirigenti, si tenta il suicidio per amore e le feste non sono meno tristi di un funerale (del sogno d’amore).

Wilder incrina dall’interno i cardini del prodotto classico hollywoodiano in sede di scrittura e tematiche, e allo stesso tempo realizza un film che parla per immagini indimenticabili: impossibile non ricordare a vita la solitudine dell’impiegato C. C. Baxter nella stanza delle scrivanie infinite, impossibile non avvertire un colpo al cuore, insieme a lui, quando si riflette nello specchio rotto, o raccontare la luce che irradia Shirley MacLaine nella sua corsa finale, verso il vecchio appartamento ma con una nuova coscienza delle cose.

Ed è anche nella scelta del bianco e nero che si annidano i segreti del successo del film: in quella fotografia di contrasti, così più difficile da gestire rispetto al colore, che ha fermato il film nel tempo, rendendolo immortale. E poi gli interpreti: Jack Lemmon, il bruttino che si prende la rivincita sulle spietate regole di società, e Shirley MacLaine, così fresca e moderna da togliere la parte niente meno che a Marilyn Monroe (in realtà Wilder non considerò mai veramente la Monroe per il ruolo, nonostante l’interessamento di lei, perché giudicava che non sarebbe stata credibile). Il loro amore tra disadattati non convinse subito la critica, almeno non tutta, ma conquistò immediatamente il pubblico e vinse tre Oscar (Miglior Film, Miglior Regista e Miglior Sceneggiatura). Il fatto che Lemmon e MacLaine non siano stati premiati dall’Academy per questo film è ai primi posti nelle peggiori ingiustizie della storia del cinema.

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L’APPARTAMENTO IN SALA: IL NATALE SECONDO BILLY WILDER

Cinematografo.it

La Cineteca di Bologna riporta al cinema, restaurato, il capolavoro di Billy Wilder, L’appartamento, diretto dal maestro della commedia americana nel 1960 e interpretato dagli indimenticabili Jack Lemmon e Shirley MacLaine.
Restaurato in 4K nel 2018 (il restauro dell’immagine è stato eseguito dal laboratorio L’Immagine Ritrovata; grading e conforming dal laboratorio Roundabout Entertainment), L’appartamento arriva nelle sale italiane – dopo l’anteprima alla 32ª edizione del festival Il Cinema Ritrovato – grazie al progetto della Cineteca di Bologna per la distribuzione del classici restaurati, Il
Cinema Ritrovato. Al cinema.
L’appartamento vinse cinque Oscar (tra i quali quello per il miglior film e la miglior regia) e “le sequenze di Natale e Capodanno – come ha scritto Hellmuth Karasek – sono da annoverare tra il meglio del cinema degli anni Sessanta”.
Dall’alto dei grattacieli che scorrono sullo schermo, un io narrante ci precipita nella vita dell’impiegato delle assicurazioni C.C. Baxter, e in quel suo appartamento a pochi passi da Central Park al quale non sempre ha libero accesso – perché, in vista d’una carriera, lo presta come alcova ai suoi boss.

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