UN ANGELO PASSA A 24 FOTOGRAMMI AL SECONDO

 

 

– Un angelo passa.
– Naturale: è l’una e venti.
– E allora?
– Gli angeli passano sempre ai venti di ogni ora. (…) Ai venti (minuti), e anche ai meno venti.
(Henri Serre e Oscar Werner in Jules e Jim, 1961)

 

 

 

 

 

– Perchè ci evitano sempre di più, gli uomini?
– Perchè abbiamo un nemico potente, Raphaela: gli uomini credono al mondo molto più che a noi.
– E per potergli credere sempre di più si sono creati un’immagine di ogni cosa. Con le immagini pensano di potersi liberare della loro angoscia, pensano di aver realizzato le loro speranze, appagato i loro piaceri, placato i loro desideri.
– Gli uomini non hanno assoggettato la terra: ne sono diventati sudditi.
(Gli angeli in terra Nastassja Kinski e Otto Sander in Così lontano, così vicino, 1993)

 

 

 

 

 

 

– Mi credi tanto angelica?
– Ho detto ‘angelica’? Non è un errore: anche Lucifero era un angelo.
(L’attrice arrivista Anne Baxter e il critico teatrale George Sanders in Eva contro Eva, 1950)

 

 

 

 

 

Lo lasci dormire, che forse sogna gli angeli.
(Una donna in auto racconta ciò che le ha detto un vescovo a proposito del figlioletto che dorme da sei anni: L’ingorgo, 1978)

 

 

 

 

Nel 1999 il Musée del Petit Palais di Avignone ha ospitato una mostra fotografica dal titolo Sous le signe de l’ange, 41 immagini di Alberto Terrile, un fotografo che da anni persegue una sua particolare declinazione del tema angelico ‘scolpendo nel tempo’ figure umane che si sollevano da terra in una ideale levitazione angelica, «da qui la scelta di un bianco e nero luminoso, portatore di silenzi che rivela esseri in carne e ossa liberati dal loro peso, sospesi nell’aria grazie all’equazione tempo/luce».
Una video-installazione, di circa venti minuti, curata da chi scrive dal titolo Poussiére d’anges. Angeli nell’immaginario cinematografico introduceva lo spettatore a questa mostra di angeli post-wendersiani, che a sua volta si situava in un museo che ospita una splendida collezione di arte medioevale, piena di figure angeliche, oggetto (nel periodo della mostra) di conferenze e di visite iconografiche guidate.

 

Gli angeli spesso ritornano, anche se forse non se ne sono mai andati (nel 1995 chi scrive ha curato con Marisa Galbiati per il Politecnico di Milano un convegno-performance all’insegna dell’operoso brusio degli angeli, tante erano le voci coinvolte, dal titolo Arch/Angeli. Le città degli angeli che declinava la figura angelica attraverso le forme dell’architettura, del design, del cinema, della video-arte e della musica) e, ad esempio, sono tornati sotto le spoglie del remake americano del Cielo sopra Berlino dal titolo programmatico City of Angels, regia di Brad Silberling con Meg Ryan e Nicolas Cage (l’angelo di turno) e in Angel-A di Luc Besson.

 

 

 

Il film di Silberling ritesse il tema dell’incarnazione dell’angelo che sceglie di conoscere l’intensità della vita con un impianto melò – accentuato da una colonna sonora ridondante e eccessiva di un irriconoscibile Gabriel Yared (il compositore di Betty Blue di Jean-Jacques Beineix) – che alterna momenti azzeccati (la biblioteca, come già in Wenders, ancora al centro dei meeting angelici, il libro di Hemingway A Moveable Feast come oggetto transizionale tra i due amanti, la figura dell’angelo messaggero, naturalmente dal cognome Messenger, l’elegia del sapore delle pere che qualcuno negli Stati Uniti ha attribuito a una efficace campagna promozionale della lobby dei produttori di tale frutto,…) a situazioni in bilico con il kitsch da video-clip musicale.

Il film di Luc Besson Angel-A, nella sua deriva urbana Parigina (è stato girato tra le 5 e le 10 della mattina e di notte) presenta una Ville Lumière astratta e programmaticamente vuota. L’operazione di Besson, pur nella pochezza della narrazione, rappresenta un omaggio/riepilogo del cinema ‘angelico’ da La vita è meravigliosa di Frank Capra a tutto Carax, passando per L’Atalante di Jean Vigo fino a Il cielo sopra Berlino e Così lontano, così vicino di Wim Wenders.

                        

 

Paolo Castelli

 

Un angelo passa.
– Naturale: è l’una e venti.
– E allora?
– Gli angeli passano sempre ai venti di ogni ora. (…) Ai venti (minuti), e anche ai meno venti.
(Henri Serre e Oscar Werner in Jules e Jim, 1961)

Che mastice tiene insieme
questi quattro sassi.
Penso agli Angeli
sparsi qua e là
inosservati
non pennuti non formati
neppure occhiuti
anzi ignari
della loro parvenza
e della nostra
anche se sono
un contrappeso più forte
del punto di Archimede
e se nessuno li vede
è perchè occorrono altri occhi
che non ho
e non desidero.
La verità è sulla terra
e questa non può saperla
non può volerla
a patto di distruggersi…
(Eugenio Montale Qui e là in Satura, 1962-1970)

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ah, le donne
Teatro Fratello Sole, Busto Arsizio – giovedì 7 giugno 2018

è giovedì sera, una folla impaziente è accorsa al cineforum per vedere 50 primavere, protagonista la regina degli schermi francesi Agnès Jaoui, diretta dall’eclettica Blandine Lenoir, un film d’oltralpe con un cast tutto al femminile

ne vedremo delle belle

le luci si spengono e come d’incanto i nostri animi si illuminano, siamo a La Rochelle, sul mare, è inverno, una donna dietro l’altra colorano il grande schermo, Agnès Jaoui nelle vesti di Aurore, divorziata, in guerra con la menopausa, mamma di due giovani figlie, una delle quali incinta, lavora, perde il lavoro, ne cerca un altro e, se c’è, anche un nuovo amore, qualcosa bolle in pentola, chissà, si aggiunge un’amica, una collega, un’altra ancora

quante donne
ognuna a modo suo

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allora come ora, chissà
Cinema Teatro Fratello Sole, Busto Arsizio – giovedì, 24/06/ 2018

è giovedì e al cineforum ci attende un’altra serata indimenticabile, in programmazione the Post di Steven Spielberg, di cui tutto sappiamo, nel bene e nel male, eppure eccoci qui curiosi più che mai di conoscere in prima persona la storia di Katharine Graham, la prima donna a capo del Washington Post, saranno 117 minuti di fughe di notizie, prese di coscienza, decisioni e indecisioni

finalmente il buio avvolge il folto pubblico in sala

e il grande schermo si costella di soldati americani in assetto da guerra in Vietnam, viviamo l’orrore della violenza e rimbalziamo più volte sulle nostre comode poltrone

che inizio

siamo in America, è il 1971, alla morte del marito Katharine Graham interpretata da una magnifica Meryl Streep dirige il quotidiano The Washington Post, lei, donna in un mondo di maschi, prende le misure con le sue nuove responsabilità, dedica tutta se stessa e stupisce chi le sta intorno, complimenti Katharine, sei unica, noi donne in sala vorremmo tutte essere come lei, al suo fianco Ben Bradlee, uno strepitoso Tom Hanks, l’ostinato direttore del suo giornale

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Magic sequences (à rebours dal 2010 al 1959)

Perché ci mettevamo così vicino (ndr allo schermo)?
Forse era perché volevamo ricevere le immagini per primi,
quando erano ancora nuove, ancora fresche,
prima che sfuggissero verso il fondo,
scavalcando fila dopo fila, spettatore dopo spettatore,
finché, sfinite, ormai usate, grandi come un francobollo,
non fossero ritornate nella cabina di proiezione.
(voce over, su immagini di una sala cinematografica, quella della Cinématheque di Parigi,
in una sequenza iniziale di The Dreamers di Bernardo Bertolucci)

L’ultima risposta di The Millionaire di Danny Boyle
La vita a bordo della Axiom in Wall-E di Andrew Stanton
Pocahontas corre nel labirinto giardino nel finale di The New World di Terrence Malick
Bush in classe riceve la notizia dell’attentato in Fahrenheit 9/11 di Michael Moore
Il vertiginoso movimento di mdp nel finale di Irréversible di Gaspar Noé
La scena della vasca da bagno in Femme Fatale di Brian De Palma
Un estratto dal piano-sequenza lungo un film di Arca russa di Aleksandr Sokurov

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