Regia di Kenneth Branagh – USA, 2023 durata 103′
con Kenneth Branagh, Tina Fey, Kelly Reilly
“UN BELGA, UN’INGLESE E UN ITALIANO ENTRANO IN UN PALAZZO INFESTATO…”
Arrivati al terzo film della “trilogia di Poirot”, Kenneth Branagh e Michael Green decidono di maneggiare i codici del cinema horror con esiti decisamente buoni. Per entrare nel merito di Assassinio a Venezia forse converrebbe prima passare dal titolo originale del film, “A Haunting in Venice”: il termine “haunting” evoca un’infestazione, spettri, case stregate e quella roba sovrannaturale lì, il cui conflitto con la ragione rappresenta la principale dicotomia di quest’opera, oltre a sintetizzarne alla perfezione temi e stile. Assassinio a Venezia si svolge durante la festa delle zucche, Halloween, probabilmente aliena alla città almeno fino ai giorni nostri, ma giustificabile con l’internazionalità della medesima, dallo sbocco portuale e, magari, pure dall’anno in cui si svolgono le vicende, il 1947, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale: sai mai che c’erano ancora inglesi e americani nei paraggi… L’atmosfera tirata su da Branagh è perfetta: internazionale il giusto, non eccessivamente turistica e, soprattutto, incredibilmente efficiente nell’assecondare la più strana tra le indagini di Poirot. Venendo alla trama, all’inizio del film troviamo il detective belga (Kenneth Branagh) ormai anziano, ritiratosi dalle scene ed esiliatosi a Venezia, dove conduce un’esistenza abitudinaria con l’unica compagnia della sua guardia del corpo (Riccardo Scamarcio). A dargli una spintarella fuori dalla porta ci penserà la sua vecchia amica giallista Ariadne Oliver (Tina Fey), sventolando l’opportunità di assistere a una seduta spiritica condotta dalla sedicente medium Joyce Reynolds (Michelle Yeoh) e, magari, di smascherarla. Ovviamente le cose finiranno presto col complicarsi, costringendo il nostro baffone a tornare in azione. In termini strutturali il film ripercorre i suoi predecessori, schierando in ordine sparso l’ambientazione esotica, l’immancabile delitto, i sospettati interpretati ancora una volta da un cast all-star, ma soprattutto l’indagine e relativi interrogatori condotti in una bolla impenetrabile.
L’elemento dominante è l’acqua, la cui fluidità sottolinea i movimenti d’animo di un protagonista mai così insicuro, incerto, che parte per smascherare il sovrannaturale con l’inconfessabile desiderio di sbagliarsi, una volta tanto, forse per ritrovare qualche tipo di fede dopo una vita a mollo nella logica. Non è caso se l’investigatore e la medium vengono proposti come due facce della stessa medaglia, entrambi impegnati a parlare per conto dei defunti a prescindere da metodi e intenti.
In ottica di trilogia siamo di fronte a un secondo movimento di antitesi, anziché a una più convenzionale sintesi. Un’antitesi formale e ideologica coerente con i problemi di un personaggio che, dopo due conflitti mondiali e altre grane, non sembra più una divinità onnipotente, apparendo incrinato, incapace di trovare la proverbiale simmetria nelle cose, figlia di un esercizio della giustizia di natura ossessivo compulsiva, certamente, ma anche rassicurante. Qui, invece, ormai tutto quanto poteva andar male ci è andato, e al nostro tocca accettare una coppia di uova sbilenca, per prendere in prestito una metafora dal film.
Un film può arrivare subito, dopo un po’, a visione ultimata e persino non arrivare affatto. Assassinio a Venezia appartiene nettamente alla prima categoria, e questo dipende da tante cose: cast, sottotesti, scelte di regia, ma soprattutto dalla capacità, da parte di Branagh, di gestire alla grande gli spazi veneziani, consegnando un’esperienza piacevolmente sbilenca, a tratti persino horror. Sfoggia delle soluzioni davvero intriganti, spesso catturando lo spettatore più per il “come” che per il “cosa”.
Adorerete questo Poirot attempato e disilluso mentre cerca risposte a delle domande che non avrebbe mai voluto porsi.
Andrea Peduzzi – IGN Italia
Recensioni
8,5/10 IGN Italia
7.3/10 Spietati
3,5/5 Movieplayer
Questa volta anche Poirot dubita della realtà. Tre delitti, una chiromante e una bambina evanescente smontano la lucidità del grande detective di Agatha Christie. E Venezia, città onirica, realtà inafferrabile, lo inghiotte.
Sullo sfondo di una Venezia tanto affascinante quanto spettrale, Kenneth Branagh allestisce il suo adattamento di Poirot e la strage degli innocenti di Agatha Christie, ritraendo l’investigatore sotto una luce diversa dal solito e prendendosi delle libertà stilistiche e narrative che contribuiscono a fare di quest’opera un film da non perdere.
L’ HERCULE POIROT di KENNETH BRANAGH
L’Hercule Poirot di Kenneth Branagh funziona. Il regista britannico ha dato freschezza al personaggio di Agatha Christie, riuscendo a coinvolgere il pubblico contemporaneo con storie tratte da romanzi gialli cult del Novecento.
L’esordio della trilogia di Kenneth Branagh su Poirot è avvenuto con Assassinio sull’Orient Express, uno dei titoli di punta della carriera letteraria di Agatha Christie. L’aspetto intrigante di questo adattamento è stato il riuscire a mantenere l’ispirazione classica, ma, allo stesso tempo, il dare nuova linfa al personaggio di Poirot. In Assassinio sull’Orient Express di Kenneth Branagh vediamo lo stesso regista interpretare il personaggio protagonista, utilizzando alcune delle caratteristiche tipiche di Poirot (la sua immancabile arguzia), ma inserendo anche qualcosa di innovativo, come un’animosità ed un vigore praticamente inediti. All’epoca della sua uscita il Poirot di Kenneth Branagh venne descritto come una sorta di supereroe (del resto eravamo nel 2017, in piena ondata cinecomics). Durante il film vediamo Poirot correre, inseguire personaggi, ma anche tirare fuori rabbia ed emotività.
Ed a riprova dell’impatto emotivo che Kenneth Branagh intendeva fin dall’inizio dare al personaggio, troviamo in Assassinio sul Nilo il Poirot più sentimentale di sempre. Il character viene mostrato nelle fasi iniziali in una scena prequel, che racconta anche il segreto dei suoi immancabili baffi. Ma c’è di più in quel momento: c’è la nascita di un sentimento. Si tratta del lungometraggio più emotivo della trilogia, che racconta di triangoli amorosi, e di sentimenti mai sopiti, anche in negativo. In tutto questo Poirot, lavorando al proprio caso, troverà un modo per rievocare ed esorcizzare il suo amore sopito, e, in qualche modo, andare avanti. Con Assassinio sul Nilo possiamo dire che Kenneth Branagh ha tirato fuori in maniera chiara e nitida tutte le carte che intendeva giocare riguardo al personaggio, che si è rivelato nella sua accezione più contemporanea, offrendosi sullo schermo con una fragilità mai vista prima.
Ma, del resto, stiamo parlando di una figura che ha modernizzato l’ideale del detective alla Sherlock Holmes. Mentre il personaggio creato da Arthur Conan Doyle si caratterizzava per il suo acume e per il suo essere al di fuori dei sentimenti e delle emozioni vissute all’interno dei suoi casi, per quanto riguarda Poirot stiamo parlando di una figura fortemente Novecentesca.
Il 1900 è stato l’anno in cui Sigmund Freud esplose come personalità intellettuale. A fine 1899 lo psicologo pubblicò l’opera L’Interpretazione dei Sogni, iniziando a scavare all’interno dell’inconscio umano. In tutto ciò Hercule Poirot rappresenta una perfetta incarnazione della figura freudiana: un personaggio nevrotico, ossessionato dalla ricerca della verità, al punto tale da arrivare ad un tragico epilogo nel suo ultimo romanzo pubblicato da Agatha Christie, Sipario.
Assassinio a Venezia, tratto da La Strage degli Innocenti, mette a confronto Hercule Poirot con il soprannaturale, ovvero la confutazione di tutto ciò a cui il personaggio crede. Si tratta di un film in cui l’emotività e la nevrosi di Poirot potrebbero arrivare al tracollo totale. I personaggi alla base delle storie di Agatha Christie sono delle figure alla ricerca della verità, capaci di restare turbate, ma anche di trovare un nuovo sé in ciò che la deduzione li porta a scoprire. E Kenneth Branagh sembra aver colto in pieno questa lezione. Il suo Poirot è un personaggio in continuo mutamento, una figura di saldi principi, ma, allo stesso tempo, pronta a sconvolgersi una volta entrata dentro le profondità ed i lati oscuri dell’animo umano. I precedenti film della saga di Poirot realizzata da Kenneth Branagh hanno messo a dura prova l’investigatore belga, ma Assassinio a Venezia potrebbe considerarsi il titolo capace di farlo vacillare del tutto.
La figura di Poirot non sarebbe potuta nascere senza l’acume e la sensibilità di Agatha Christie. Stiamo parlando di un’autrice che ha realizzato opere capaci d’innovare il genere (passando da Assassinio sull’Orient Express, a Dieci Piccoli Indiani, all’Assassinio di Roger Ackroyd). Il seme della capacità di Hercule Poirot di innovarsi e di stare al passo coi tempi sta tutto nella genialità e nello spirito innovativo di Agatha Christie, che già nei primi decenni degli anni Venti del Novecento, riuscì a guardare oltre la propria epoca.
Davide Mirabello – Leganerd.it
MGF