Regia di Martin Scorsese – USA, 2023 – 206′
con Leonardo DiCaprio, Lily Gladstone, Robert De Niro

 

 

 

 

 

 

 

OMICIDIO, TESTIMONIANZA, COLPA

Ispirato al libro di David Grann Gli assassini della terra rossa, Killers of the Flower Moon è ambientato nell’Oklahoma degli anni ’20. Se nel
romanzo il punto di maggior interesse è la nascita dell’FBI, con il personaggio dell’agente Tom White al centro di tutto, a Scorsese invece non interessa molto la legge. E soprattutto non una crime story come tante. No. Il regista di New York vuole il sangue e il sudore, il marcio, le contraddizioni. Non un uomo integerrimo col distintivo.
Ecco quindi che Scorsese sposta il punto di vista al viscido e mediocre Ernest Burkhart. DiCaprio non è mai stato così sgradevole: proprio come chi, per convenienza e mancanza di talento, segue un capo sempre e comunque, non fermandosi di fronte a crimini terribili e negando la verità fino all’ultimo, anche davanti all’evidenza. Perché in realtà sta mentendo a se stesso. Il capo in questione qui è William Hale (Robert De Niro), che, come prima cosa, dice sia a Ernest che agli spettatori: “puoi chiamarmi zio, o puoi chiamarmi re”, mettendo subito in chiaro come stanno le cose.

In gioco c’è il petrolio degli Osage, diventati i più ricchi cittadini americani e per questo destinati a essere sterminati dall’avidità dell’uomo bianco. In Killers of the Flower Moon Robert De Niro e Leonardo DiCaprio, gli attori simbolo di Scorsese, portano su di sé il peso dell’intera filmografia del regista. E anche del peccato originale degli Stati Uniti: il sogno americano non soltanto è un miraggio, ma è un incubo pagato col sangue dei non bianchi. Ernest viene infatti spinto dallo zio a sposare Mollie (Lily Gladstone), ricca Osage che, come le sue tante sorelle, soffre di diabete. Tutte le donne della sua famiglia, non sanno nemmeno loro bene perché, sono attratte da uomini bianchi, che le hanno sposate per interesse in modo da mettere le mani sulla loro eredità.
Quando incontra Ernest, Mollie ammette che ricorda un coyote: “il coyote vuole i soldi”, gli dice.
E anche Ernest ama Mollie, ma non riesce a sottrarsi alla volontà di Hale, dissociando completamente la sua parte legata alla moglie da quella pronta a sterminare un’intera popolazione semplicemente perché “ha fatto il suo tempo”. È questa la complessità che interessa a Scorsese, è questo il più grande dei misteri: le contraddizioni dell’animo umano.
C’è tutto il cinema di Scorsese in Killers of the Flower Moon: è un gangster movie, un film spirituale, un western, un crime. In 3 ore e 30, che scorrono magnificamente, il regista ripercorre tutta la sua carriera, questa volta assumendosi la responsabilità del mondo che ha sempre raccontato. Lui mostra i criminali, gli uomini affamati di potere, ma mai come questa volta ne è lontano: li rappresenta ottusi, senza nessun fascino. Il centro emotivo e morale sono invece Mollie e le sue sorelle: nella dignità della donna, nella sua capacità di rispondere con empatia
alle persone che la circondano, è lei la vera ricchezza della Nazione Osage, sprecata e calpestata da chi non riesce a capirlo. Lì dove Mollie è la speranza, la vita, Ernest è l’autodistruzione. Come un veleno, il capitalismo ha reso malata la società americana.
Killers of the Flower Moon è grande anche grazie al ricco e magnifico cast. De Niro è alla prova migliore da anni, DiCaprio evoca Brando, quello più logoro e decadente, Lily Gladstone è perfetta e già in lizza per una nomination all’Oscar.
“Le persone se ne fregano” dice un personaggio. Una cosa che invece sarà sempre al centro di tutto sono le storie: come nello splendido finale, in cui Scorsese sembra dire “i fatti sono questi, ma c’è sempre un punto di vista interessante da cui raccontarli“. E il suo è sempre stato quello più difficile e scomodo. Scorsese ha il coraggio di essere se stesso, senza paura. Nel bene e nel male.7

Valentina Ariete – Movieplayer.it

Recensioni
9,5/10 IGN Italia
5/5 Cineforum
9,5/10 Everyeye Cinema

GLI OSAGE

Agli inizi del XX secolo, in un territorio desolato e poco ospitale, la vita dura e stentata di un popolo di nativi americani, gli Osage, sembrò trasformarsi in una favola: la scoperta del petrolio sotto il territorio della loro riserva li fece diventare le persone con maggiore ricchezza pro capite al mondo.
Finché non cominciarono a essere assassinati…Fine della favola e inizio di una storia di violenza, soprusi e insabbiamenti che, anche negli Stati Uniti, pochi ricordano. Eppure, quando i morti ammazzati arrivarono a superare le due dozzine, si occupò del caso un’organizzazione anticrimine appena nata, il Bureau of Investigation, che sarebbe poi diventata l’FBI.

 

Gli Osage, che durante il periodo di colonizzazione francese erano diventati una nazione potente grazie al commercio di pellicce e schiavi, si trovarono a essere cacciati dai loro territori, quando questi entrarono a far parte degli Stati Uniti.
Nei primi anni ’70 del XIX secolo, dopo essere stati sempre più sospinti verso ovest, agli Osage venne assegnato un territorio roccioso e poco coltivabile, in quello che oggi è l’Oklahoma.
A cavallo del nuovo secolo, proprio sotto quella sterile terra apparentemente senza valore, furono scoperti dei giacimenti di petrolio. Per estrarre il prezioso oro nero, i petrolieri dovevano pagare i diritti di sfruttamento a ciascuno dei 2000 membri della tribù, e ai loro successivi eredi legali, anche se non appartenenti alla Nazione Osage.
La tribù divenne improvvisamente “la nazione più ricca, il clan o gruppo sociale di qualsiasi razza sulla terra, compresi i bianchi, uomo per uomo”.

Gli Osage viaggiavano per la contea su automobili con autista (bianco), personalizzate con iniziali in oro. Mandavano i loro figli in prestigiosi college, spendevano mille dollari (di allora) al mese per fare la spesa.
Tutti i membri, indistintamente, godevano di quella ricchezza (nel 1923 complessivamente la tribù ebbe un reddito pari a 400 milioni di dollari odierni), anche le donne, che avevano, e hanno, pari diritti tra gli Osage. Il territorio della riserva era stato infatti diviso fra ciascun appartenente alla tribù, bimbi piccoli compresi.

Ritenendo che gli Osage non fossero in grado di gestire tutta quella ricchezza, per via dei pregiudizi razzisti, il Congresso degli Stati Uniti approvò una legge che prevedeva l’assegnazione di un tutore a ogni persona che aveva «almeno il 50 per cento di sangue Osage». Gli altri potevano gestire le proprie finanze autonomamente, a meno che non fossero minori, a cui veniva assegnato un tutore indipendentemente dalla loro discendenza e anche se i genitori erano ancora vivi. I tutori erano di solito avvocati o uomini d’affari bianchi trasferitisi nella zona, che iniziarono ad approfittarsi della legge per arricchirsi a discapito degli Osage. Alcuni tutori però non si limitarono a questo, e iniziarono a uccidere o a ordinare l’omicidio degli Osage che erano stati affidati loro, in modo da ereditarne le terre. Solo fra il 1921 e il 1923 ci furono 13 morti sospette o palesi omicidi di uomini e donne Osage che avevano un tutore, ma entro il 1925 i morti erano diventati diverse decine. Spesso le persone venivano avvelenate o uccise a colpi di pistola, ma in un caso fu anche fatta esplodere una bomba in una casa. A uccidere le donne erano spesso i loro mariti bianchi. Dato che l’eredità di un Osage, prima di andare al tutore bianco, passava ad altri famigliari, furono anche uccise intere famiglie. I giornali del tempo chiamarono questo periodo il “Regno del Terrore”.

Per accedere allo sfruttamento dei giacimenti di petrolio si tenevano regolarmente delle aste nella città di Pawhuska, e all’ombra di un grande albero (poi chiamato Million Dollar Elm) petrolieri rampanti come JP Getty e Frank Phillips si contendevano le concessioni a suon di milioni di dollari. Insieme ai soldi arrivò anche “il regno del terrore di Osage”. Nel 1921 una donna della tribù, Anna Brown, fu trovata morta in fondo a un burrone; nel 1925, quando l’FBI iniziò le indagini, 60 ricchi indiani erano stati assassinati, e le loro terre erano state affidate, guarda caso, ad avvocati o a uomini d’affari locali.

 

C’erano molti modi per uccidere gli indiani e prendere i loro soldi: stipulare una polizza assicurativa e poi eliminare il contraente, assoldando qualche piccolo delinquente per la modica cifra di 500 dollari e un’auto usata; si poteva mettere del veleno nel liquore che bevevano al pub, contando sulla benevolenza del medico legale, che avrebbe archiviato le morti come accidentali, per uso di whisky contaminato.
Oppure si poteva contrarre un conveniente matrimonio: per mantenere il controllo del territorio all’interno della tribù, le quote di proprietà non potevano essere vendute dagli Osage ai coloni bianchi, che però potevano ereditarle. Questo spiega perché all’epoca ci furono tanti matrimoni misti.
Mollie Burkhart, per esempio, si era sposata con un colono bianco, Ernest Burkhart. Sua sorella, Anna Brown, scomparve in una notte di maggio del 1921, e il suo corpo fu poi trovato in fondo a un burrone. Due mesi dopo morì la madre di Mollie e Anna, probabilmente avvelenata. C’era poi una terza sorella, Rita, che morì nell’esplosione della sua casa, insieme al marito e alla cameriera.
Se qualcuno cercava di indagare sulle morti sospette, veniva fatto fuori, come accadde all’avvocato WW Vaughan, che fu gettato da un treno in corsa. Il petroliere Barney McBride, che aveva accettato di farsi portavoce degli Osage per richiedere l’intervento dell’FBI, fu ucciso con venti pugnalate.

Alla fine, il direttore del Bureau of Investigation mandò a indagare un ex ranger del Texas, Tom White, che si servì di agenti sotto copertura, tra i quali c’erano anche dei nativi. White scoprì che molte delle vittime erano morte in seguito a un orrendo piano ben orchestrato. Ernest Burkhart, marito di Mollie, era nipote di William K. Hale, il “diavolo” che si era autoproclamato “Re delle colline di Osage”, mente del complotto organizzato per impossessarsi delle ricchezze della tribù attraverso gli omicidi.

 

Alla morte della madre e delle sorelle, oltre che di un altro parente, Mollie ed Ernest ereditarono una fortuna. La donna non sarebbe sopravvissuta a lungo (presentava i primi sintomi da avvelenamento) se White, nel 1926, non avesse arrestato Burkhart e Hale, insieme ad altri complici. Burkhart, Hale e altre due persone furono processate per singoli omicidi, e tutti condannati all’ergastolo, nel 1929. Peccato che poi nessuno di loro finì i suoi giorni in prigione…
Purtroppo, rimasero irrisolti numerosi casi di omicidio, in particolare quelli di donne sposate con uomini bianchi, mentre si suppone che molte morti furono archiviate come naturali o suicidi, quando le vere cause erano altre: avidità, invidia e disprezzo. Uno degli accusati si giustificò dicendo che “i bianchi dell’Oklahoma non ci pensavano a uccidere un indiano più di quanto facessero nel 1724”. Secondo il Ministero della Giustizia, quello di Osage fu “il capitolo più sanguinoso della storia del crimine americano”.

GLI OSAGE OGGI

 

Negli anni ‘30 John Joseph Mathews scrisse il romanzo “Sundown” (1934), che affrontava le sfide culturali che la tribù stava affrontando a causa dell’incursione della modernità nelle loro tradizioni. Durante gli anni ’60 e ‘70, molti Osage si unirono alle marce per i diritti civili e divennero attivi nella difesa dei loro diritti tribali.

 

 

 

Negli anni ’90, gli Osage guadagnarono attenzione a livello nazionale quando decisero di riacquistare parte delle loro terre ancestrali.
Nel 2004, la tribù ottenne il controllo diretto delle proprie risorse finanziarie dopo anni di sforzi e trattative. Questo passo segnò un importante passo verso l’autodeterminazione e la sovranità tribale.
Negli ultimi anni, la tribù Osage ha continuato a investire nelle infrastrutture e nei servizi per la comunità, inclusi programmi di istruzione, assistenza sanitaria e programmi culturali.

 

 

 

 

La loro nazione rimane impegnata nella tutela della lingua Osage, promuovendo corsi di apprendimento e iniziative di conservazione linguistica.
Oggi la Nazione Osage è una tribù federalmente riconosciuta negli Stati Uniti. Attualmente la maggior parte degli Osage vive nella Riserva Osage che corrisponde alla Contea di Osage nello stato dell’Oklahoma.

 

 

 

Fonti varie

MGF