PERFECT DAYS: RECENSIONE/COS’E’ IL PROGETTO “THE TOKYO TOILET”
Regia di Wim Wenders – Giappone, Germania, 2023 – 123′
con Kôji Yakusho, Tokio Emoto, Arisa Nakano
Il film è stato premiato al Festival di Cannes
IL RITRATTO DELLA SERENA E COMPOSTA SOLITUDINE DI UN UOMO CHE HA FATTO PACE CON I SUOI ERRORI DEL PASSATO
Tokyo, oggi. Hirayama è un sessantenne giapponese che pulisce i bagni pubblici della città con attenzione meticolosa ai dettagli e dedizione certosina al suo lavoro. Ogni giorno segue la stessa routine: un’attenta pulizia personale prima e dopo quella dei bagni altrui, un’innaffiata alle piante che ha salvato dalla disattenzione cittadina, un panino al parco all’ora di pranzo. Lungo il suo percorso talvolta si ferma a osservare le piante che lo sovrastano scattando foto alle chiome, o fa uno spuntino presso qualche tavola calda. E ogni tanto fa qualche incontro: con Takashi, il ragazzo che rileva il turno pomeridiano di pulizia dei bagni, con una ragazza al parco, con un senzatetto scollato dalla realtà, con la proprietaria di un ristorante che gli riserva piccoli trattamenti di favore. E quando sale a bordo del suo furgone ascolta Lou Reed (con e senza i Velvet Underground) e Patti Smith, The Animals e Van Morrison, Otis Redding a Nina Simone, così come quando è a casa legge William Faulkner e Patricia Highsmith, ma anche la “sottovalutata” Aya Koda.
Perfect Days racconta le “giornate perfette” di Hirayama come una quieta affermazione di dignità quotidiana. L’uomo svolge il suo lavoro con gesti precisi ed essenziali, accogliendo l’occasionale contatto umano (anche nella forma anonima di una partita a tris proposta su un foglietto) con generosità e rispetto. Tutto in lui è rimasto analogico, come le musicassette che ascolta o la macchina fotografica i cui rullini vanno fatti sviluppare, e le fotografie vengono collezionate in scatole numerate che archiviano la nostalgia del tempo che passa.
Wim Wenders, in veste di regista e sceneggiatore (con Takuma Takasaki), mette a frutto la sua grande familiarità con il documentario per creare un film di finzione che segue le giornate del suo protagonista come una camera nascosta, e poi però racconta i sogni di Hirayama come un’elaborazione artistica del giorno appena vissuto.
La concezione architettonica di Wenders incastona la figura umana in spazi ben squadrati e confinanti (a cominciare dal formato 4:3 che ad un certo punto diventa quello ancora più ristretto dell’inquadratura da cellulare), e in una Tokyo in cui il sole sorge (non a caso siamo nel Paese del Sol Levante) accompagnato dalla canzone perfetta (The House of the Rising Sun). La fotografia nitida e precisa di Franz Lustig accompagna il ritratto della serena e composta solitudine di un uomo che sa di appartenere ad un’altra epoca e che ha fatto pace con i suoi errori del passato.
Koji Yakuso, che alcuni ricorderanno in Babel di Alejandro Inarritu ma anche ne Il terzo omicidio di Hirokazu Kore’eda o The Eel di Imamura Shohei, è lo straordinario interprete di questo film quasi muto che si snoda in purezza attraverso uno sguardo contemplativo ma mai artefatto.
Il suo Hirayama è il baluardo di un passato recente che è già modernariato, e conserva un afflato poetico persino attraverso il lavaggio di bagni frequentati da persone per cui è invisibile. Hirayama continua la sua metodica affermazione di sé all’interno di un universo per molti versi indifferente, consapevole che “il mondo è fatto di molti mondi” e solo alcuni sono connessi, ricordandoci che esiste un “ora” che va rispettato in quanto tale senza correre dietro al futuro, perché “il futuro succederà la prossima volta”.
Paola Casella – MyMovies.it
Parole quasi nessuna, solo qualche fotografia di rami che si stagliano sul cielo alla ricerca di una pace che non è rinuncia né moderazione ma piuttosto una silenziosa forma di empatia universale. Per invitarci a pensare che la felicità può essere anche la cancellazione dei desideri.
Wim Wenders ha spiegato che Perfect Days nasce come una serie di documentari brevi chiamati a testimoniare la riqualificazione di diciassette bagni pubblici, realizzati da alcuni celebri architetti giapponesi nell‘ambito del “Tokyo Toilet Project”; presumibilmente, si trattava anche di un pretesto per raccontare la vita nei parchi o sui marciapiedi circostanti, poi evolutosi strada facendo in un film di finzione scritto con Takuma Takasaki e incentrato sull’addetto alle pulizie dei servizi igienici, un personaggio di fantasia del quale la pellicola ricostruisce la routine giornaliera con meticolosa attenzione.
Recensioni
4/5 MyMovies
5/5 Sentieri Selvaggi
8,5/10 IGN Italia
IL PROGETTO “THE TOKYO TOILET”
Sebbene il Giappone sia universalmente riconosciuto come uno dei paesi più puliti al mondo, con bagni pubblici che mantengono uno standard di igiene superiore rispetto ad altri luoghi, l’uso di tali strutture è limitato a causa degli stereotipi noti in giapponese come i ‘4 K’ (kusai – maleodoranti, kurai – buio, kowai – spaventosi e kitanai – sporchi).
Per abbattere questi pregiudizi, la Nippon Foundation ha intrapreso un progetto ambizioso: il Tokyo Toilet, partito nel 2020, che rientra nella grande opera di abbellimento urbano della metropoli – che tra tutti ha interessato anche la costruzione del New National Stadium – finalizzata ad ospitare la XXXII edizione dei Giochi Olimpici di Tokyo nel 2021.
La collaborazione tra funzionari locali, ente del turismo e The Nippon Foundation ha portato quindi al compimento di nuove unità di servizio igienico. Obiettivo dichiarato dell’iniziativa è smentire il luogo comune dei 4 K per farne invece nuovi simboli di ospitalità, spazi all’insegna dell’accessibilità e dell’inclusione. Sono in tutto sedici le firme prestigiose che hanno curato il restyling delle diciassette toilette pubbliche a Shibuya, uno dei quartieri più colorati, frenetici e caratteristici della capitale nipponica.
Il risultato è una perfetta sintesi tra estetica, funzionalità e, soprattutto, accessibilità. Queste strutture non sono solo visivamente piacevoli ma anche funzionali, promuovendo così una visione più positiva e accogliente dell’uso dei bagni pubblici. I progettisti e designer coinvolti sono Kengo Kuma, Shigeru Ban, Tadao Ando, Toyo Ito, Tomohito Ushiro, Masamichi Katayama / Wonderwall, Junko Kobayashi, Takenosuke Sakakura, Kashiwa Sato, Kazoo Sato, Nao Tamura, NIGO®, Marc Newson, Shigeru Ban, Sou Fujimoto, Miles Pennington / UTokyo DLX Design Lab, Fumihiko Maki. Questi visionari hanno trasformato i bagni pubblici in autentiche opere d’arte accessibili a tutti, rappresentando un passo verso una società che abbraccia la diversità.
MGF