TROPPA GRAZIA
Regia di Gianni Zanasi – Italia, Spagna, Grecia, 2016 – 110”
con Alba Rohrwacher, Elio Germano, Giuseppe Battiston

Lucia (Alba Rohrwacher) è una geometra molto precisa che conduce una vita tutt’altro che stabile tra amanti passeggeri e una figlia adolescente alla quale badare. Un giorno le appare ‘la Madonna’ in persona, per chiederle di costruire una chiesa: da quel momento tutto cambierà.
Troppa grazia segue il cammino irrazionale di un personaggio che ha cercato di costruire la propria carriera professionale e sentimentale sulla rigida precisione logica. Gianni Zanasi si diverte a mettere in crisi Lucia rapportandola direttamente con quanto di più contraddittorio possa esserci: la Fede.

Paolo Castelli

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UN FILM STRA-ORDINARIO IN CUI SI RIDE MOLTO. UNA LETTERA D’AMORE E UN’ODE PAGANA AGLI ARTISTI.
Paola Casella – MyMovies

Lucia è una geometra specializzata in rilevamenti catastali, nota per la pignoleria con cui insiste nel “fare le cose per bene”. La sua vita, però, è tutto fuorché precisa: a 18 anni ha avuto una figlia, Rosa, da un amore passeggero; ha appena chiuso una relazione pluriennale con Arturo; il suo lavoro precario non basta ad arrivare a fine mese. Approfittando della sua vulnerabilità economica, Paolo, il sindaco del paese, le affida il compito di effettuare un rilevamento su un terreno dove un imprenditore vuole costruire un impero immobiliare. Ma su quel terreno incombe un problema che Lucia individua immediatamente, anche se non ne vede con chiarezza i contorni. Paolo invece le chiede di “chiudere un occhio”.
A Lucia appare la Madonna: una figura femminile straniera e assai decisa che le ordina di far costruire una chiesa proprio su quel terreno comunale.


Troppa grazia è un film stra-ordinario, nel senso che è completamente fuori norma: dunque perfetto per raccontare la storia di un incontro paranormale fra un essere ultraterreno e un essere che con la terra campa. Lucia non si sente affatto benedetta dall’apparizione ma anzi, fa di tutto per sottrarsi a quella “sfiga”. Lei che insegna alla figlia che “i problemi non si sollevano, si affrontano”, si ritrova fra le mani la Madre di tutti i guai: una figura femminile che non accetta altro che la verità.
Risiede proprio nella femminilità contrapposta delle due protagoniste (tre, se contiamo anche Rosa) la chiave di lettura più potente di Troppa grazia. Ma dire che il film di Gianni Zanasi, scritto a otto mani (due sole delle quali appartengono a una donna, Federica Pontremoli) sia femminista è riduttivo, perché Zanasi segue un istinto e non un manifesto: l’istinto è quello di Lucia, ma anche quello di Alba Rohrwacher, mai stata più brava (e più bella) che in questo ruolo mette a disposizione corpo, mente e cuore senza mai tirarsi indietro. Rohrwacher si abbandona al turbinio della storia e alla guida del regista con la stessa impavida titubanza della geometra abituata alla razionalità e messa alla prova dal soprannaturale. È la sua essenza luminosa a dare a Lucia quella credibilità continuamente sfidata dagli sviluppi di una trama che incalza e provoca e spiazza noi come la sua protagonista.

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TROPPA GRAZIA: UNA COMMEDIA INSOLITA, GENUINAMENTE DIVERTENTE, CON QUALCHE DIFETTO TECNICO
Nicola De Santis – Ecodelcinema

“Troppa grazia”, di Gianni Zanasi, vincitore del Premio Label Europa Cinema come Miglior film europeo a Cannes segue la storia di Lucia (Alba Rohrwacher), una giovane madre single appena lasciatasi con il suo compagno Arturo (Elio Germano). Geometra, onesta e pignola, in un mondo dove solo la disonestà premia, la donna ottiene l’incarico di controllare un terreno dove sarà costruita una grande opera architettonica. Lucia scopre subito che, nel terreno, qualcosa non va, ma per non perdere l’ennesimo lavoro, decide che stavolta chiuderà un occhio. Mentre si trova a lavoro proprio nel campo che deve controllare, però, all’improvviso, le appare la Madonna con un messaggio: “Vai dagli uomini e dì loro di costruire una chiesa”.
Alba Rohrwacher è bravissima nel ruolo di Lucia. Riesce nel difficile compito di rimanere sempre credibile mentre interpreta questa donna, assolutamente laica, che intrattiene conversazioni surreali con la Madonna, ci litiga, ci si accapiglia anche, mentre tutti quelli che la circondano, ovviamente, non possono vederla, e lei inizia a convincersi di stare impazzendo. Anche Elio Germano è perfettamente in parte, e i momenti in cui condividono la scena sono assolutamente deliziosi.
I dialoghi sono molto ben scritti, surreali ed eccentrici al punto giusto. Ben lungi dal volersi impelagare in un discorso religioso, “Troppa grazia” utilizza l’apparizione della Madonna come metafora del “grillo parlante”, del voler credere e dare ascolto a quella voce interiore, il nostro istinto, che ci consiglia di imboccare una via quando la logica comune consiglierebbe l’esatto opposto. Alla fine, partendo da questo spunto surreale, Zanasi riesce a fare un discorso complesso sulle nostre responsabilità individuali, sull’assumersi il compito di rimanere fedeli ai propri principi, anche quando fare la cosa giusta va contro i nostri interessi personali.
Peccato che la realizzazione tecnica della pellicola non sia all’altezza dell’idea, dei dialoghi e dei suoi interpreti. Gli effetti visivi sono il massimo, a cominciare dalla stella cadente che passa sopra un campo, subito dopo i titoli di testa, fatta con un brutto effetto “flare” che sarebbe stato passabile, forse, in un film degli anni Novanta. La fotografia presenta diverse scelte estetiche apprezzabili a fare da contraltare a momenti dove i colori risultano eccessivamente saturi. Infine nel finale ci sono alcune svolte nella sceneggiatura che risultano poco credibili, con i personaggi che compiono azioni funzionali alla prosecuzione della storia ma non coerenti con il loro percorso. Si ha l’impressione che gli sceneggiatori l’abbiano voluto chiudere di fretta, più interessati allo svolgimento che al finale. Alcune scene, come il duello di sciabola nel bosco tra la figlia di Lucia e un suo compagno e la sequenza conclusiva del film, sembrano girate di corsa, con scarsa cura nei dettagli. Ed è un vero peccato, perché sarebbe bastata solo un po’ di cura in più per evitare queste piccole sviste e rendere il film un piccolo capolavoro.

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LE 15 APPARIZIONI MARIANE RICONOSCIUTE DALLA CHIESA
Andrea Galli – Avvenire.it

La prima notizia storicamente accertata di un’apparizione risale a Gregorio di Nissa (335-392), che narra della visione della Vergine avuta da un altro vescovo greco, Gregorio Taumaturgo, nel 231. Ma la tradizione ci porta ancora più in là nel tempo. Il Santuario del Pilar a Saragozza, ad esempio, avrebbe avuto origine da un’apparizione di cui fu protagonista l’apostolo Giacomo, evangelizzatore della Spagna, nell’anno 40. Uno dei più grandi esperti viventi, l’abbé René Laurentin, nel suo monumentale Dizionario delle apparizioni della Beata Vergine Maria, pubblicato in italiano nel 2010, ha raccolto oltre duemila interventi straordinari della Madonna dagli inizi del cristianesimo a oggi. Una storia oltre modo complessa, nella quale spiccano le quindici apparizioni – un numero risicatissimo – che hanno avuto un riconoscimento ufficiale da parte della Chiesa.
Vale la pena di elencarle (di seguito il luogo, gli anni in cui si sono verificate e il nome dei protagonisti): Laus (Francia) 1664-1718, Benôite Rencurel; Roma 1842, Alfonso Ratisbonne; La Salette (Francia) 1846, Massimino Giraud e Melania Calvat; Lourdes (Francia) 1858, Bernadette Soubirous; Champion (Usa) 1859, Adele Brise; Pontmain (Francia) 1871, Eugène e Joseph Barbedette, François Richer e Jeanne Lebossé; Gietrzwald (Polonia) 1877, Justine Szafrynska e Barbara Samulowska; Knock (Irlanda) 1879, Margaret Beirne e diverse persone; Fatima (Portogallo) 1917, Lucia Dos Santos, Francesco e Giacinta Marto; Beauraing (Belgio) 1932, Fernande, Gilberte e Albert Voisin, Andrée e Gilberte Degeimbre; Banneux (Belgio) 1933, Mariette Béco; Amsterdam (Olanda) 1945-1959, Ida Peerdemann; Akita (Giappone) 1973-1981, Agnes Sasagawa; Betania (Venezuela) 1976-1988, Maria Esperanza Medano; Kibeho (Ruanda) 1981-1986, Alphonsine Mumereke, Nathalie Ukamazimpaka e Marie-Claire Mukangango.
Ma cosa vuol dire riconoscimento ufficiale? «Significa che la Chiesa si è espressa favorevolmente attraverso dei decreti» spiega il mariologo Antonino Grasso, docente all’Istituto superiore di Scienze religiose di Catania, autore nel 2012 di Perché appare la Madonna? Per capire le apparizioni mariane (Editrice Ancilla). «Secondo le norme emanate dalla Congregazione per la dottrina della fede nel 1978 – continua Grasso – la Chiesa demanda al vescovo l’esame dei fatti, con un’analisi accurata affidata a una commissione di esperti, dopo la quale sempre l’ordinario diocesano esprime un pronunciamento. A seconda della particolarità dell’apparizione e delle sue ‘ricadute’ può occuparsene anche una Conferenza episcopale o direttamente la Santa Sede». Tre sono i giudizi possibili: negativo (constat de non supernaturalitate), ‘attendista’ (non constat de supernaturalitate, sebbene questa formula non sia citata nella normativa del 1978), positivo (constat de supernaturalite). «Un caso di pronunciamento negativo – dice Grasso – è quello che si è avuto lo scorso marzo, quando l’arcivescovo di Brindisi-Ostuni ha misconosciuto le apparizioni di cui si diceva protagonista un giovane del luogo, Mario D’Ignazio». Il mariologo ricorda anche la possibilità di una situazione “intermedia”, quella in cui un vescovo non si pronunci ufficialmente sulle apparizioni ma riconosca la “bontà” della devozione che esse suscitano e autrorizzi il culto: «A Belpasso, arcidiocesi di Catania, la Vergine sarebbe apparsa dal 1981 al 1986. Nel 2000 l’arcivescovo ha elevato il luogo a Santuario diocesano e anche il suo successore vi si reca ogni anno, all’anniversario delle apparizioni». Infine non va dimenticato che ci sono due apparizioni riconosciute di fatto: «La prima è quella di Guadalupe in Messico. Non ci fu un decreto ufficiale, ma il vescovo di allora fece costruire una cappella là dove aveva chiesto la Vergine e il veggente Juan Diego è stato canonizzato. Poi il caso di santa Caterina Labouré a Parigi: ci fu solo una lettera pastorale del vescovo che autorizzava l’uso della medaglia miracolosa, non un suo decreto, perché suor Caterina non volle farsi riconoscere, nemmeno dalla commissione d’inchiesta, alle domande della quale rispose solo tramite il confessore».

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MGF