APPROFONDIMENTO: BORROMINI E BERNINI. SFIDA ALLA PERFEZIONE
BORROMINI E BERNINI. SFIDA ALLA PERFEZIONE
Martedì 16 maggio ore 21.00
Docufilm diretto da Giovanni Troilo
E’ il racconto della rivoluzione architettonica di un genio solitario che cambia per sempre l’aspetto di Roma attraverso una sfida personale alle convenzioni e ai pregiudizi, con l’umiltà di apprendere dal passato per inventare il futuro, con il coraggio di portare avanti un’idea pagandone il prezzo fino in fondo.
BERNINI E BORROMINI: IL DIVINO FATTOSI MARMO
Star Trek o Star Wars?
Beatles o Rolling Stones?
C’è chi dice che si può capire molto di una persona dalle risposte a queste domande, ma quando ancora John Lennon e Spock non erano ancora in circolazione, la vera domanda era: Gian Lorenzo Bernini o Francesco Borromini?
Ebbene sì, pare che la rivalità tra i due, sebbene i soggetti del contendere non si siano mai nemmeno presi a male parole, dividesse il mondo occidentale durante il Seicento e nel periodo successivo.
In effetti, si parla di due artisti che, ognuno a modo proprio, hanno fatto grande la storia dell’arte, in particolare in quel di Roma, capitale non solo della Cristianità ma anche dell’arte: la dimostrazione della grandezza di un artista era infatti ricevere una convocazione da parte del Pontefice per contribuire alla costruzione e decorazione della Città del Vaticano.
E, come ben sappiamo, tutta Roma ancora brilla grazie alle opere immortali di Bernini e Borromini.
Il Colonnato di Bernini, iniziato nel 1656, è probabilmente una delle opere più finemente meditate mai realizzate: Bernini dovette tener conto dell’impressionante facciata di Maderno, che doveva risaltare, della cupola di Michelangelo, nonché di esigenze tecniche quali favorire l’imponente afflusso di fedeli, garantire una buona acustica e restare fedele al simbolismo numerico a cui il Papa teneva molto.
Il risultato, ottenuto dopo undici anni di lavori in costante riprogettazione, è un insieme armonico e accogliente, che sembra quasi dare un abbraccio di benvenuto al fedele; è anche una meravigliosa cornice che non devia l’attenzione dall’architettura preesistente: è semplicemente lì, una parte del paesaggio così perfetta e naturale che quasi non attira l’occhio, quantomeno non in un primo momento.
Bernini è anche l’autore del progetto, poi ultimato da Borromini, del maestoso baldacchino che sovrasta l’altare maggiore di San Pietro: l’immensa struttura sembra espandersi a dismisura, grazie anche all’effetto delle colonne tortili che creano spirali senza fine, quasi a voler raggiungere i Cieli.
Insomma, un artista che incarna in sé il concetto di “sublime” kantiano: non una mera iperbole dell’aggettivo “bello”, ma qualcosa di più: opere tanto maestose, tanto imponenti, che sembra quasi di scorgere l’Onnipotente in esse.
Ed eccoci dunque di fronte a un’opera, tremanti e inquietati e tuttavia incapaci di distogliere gli occhi.
Un turbamento, forse, che Borromini percepiva già da allievo e collaboratore di Bernini.
L’animo umano anela al bello, ognuno di noi desidera provare emozioni intense, restare senza parole di fronte alla meraviglia… ma forse, certe volte abbiamo solo bisogno di sederci e lasciarci cullare da prospettive armoniche, senza sentirci schiacciati.
Ed è qui che Borromini si distacca da Bernini: la sua arte è più pacata, moderata nelle dimensioni. Fu infatti molto apprezzato dagli ordini monastici, che non desideravano architetture maestose.
Borromini prende l’arte di Bernini e la riduce a dimensioni umane, rende umano il divino, ricordandoci con grazia che siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio e che il timore che proviamo altro non è che amore, e desiderio di avvicinarci a Lui quanto più possiamo nella nostra piccolezza e imperfezione.
E forse, come preferire i Beatles ai Rolling Stones nulla toglie a Keith Richards, così preferire Bernini o Borromini non è, di fatto, l’espressione di spregio nei confronti dell’altro: è semplicemente la riprova millenaria che per quanto siano grandi le nostre differenze, per quanto possiamo amare maggiormente una cosa rispetto ad un’altra, siamo tutti uniti nel condiviso anelito a contemplare la bellezza, che sia quella maestosa di un mare in tempesta o quella modesta ma non per questo meno importante di un fiorellino spuntato da una crepa nel
terreno.