INVICTUS di WILLIAM ERNEST HENLEY
INVICTUS
Dal profondo della notte che mi avvolge,
Nera come un pozzo da un polo all’altro,
Ringrazio qualunque dio esista
Per la mia anima invincibile.
Nella feroce morsa delle circostanze
Non ho arretrato né gridato.
Sotto i colpi d’ascia della sorte
Il mio capo è sanguinante, ma non chino.
Oltre questo luogo d’ira e lacrime
Incombe il solo Orrore delle ombre,
E ancora la minaccia degli anni
Mi trova e mi troverà senza paura.
Non importa quanto stretto sia il passaggio,
Quanto piena di castighi la vita,
Io sono il padrone del mio destino:
Io sono il capitano della mia anima.
Il 18 luglio si celebra il Nelson Mandela Day, la giornata indetta dalle Nazioni Unite in onore del primo presidente di colore che liberò il Sudafrica dall’Apartheid. La data non è casuale, il 18 luglio 1918 nel villaggio di Mvezo nasceva Nelson Mandela detto affettuosamente “Madiba”, l’uomo che avrebbe sconfitto per sempre il segregazionismo razziale.
Per l’occasione lo ricordiamo con questa poesia a lui molto cara, scritta nell’Ottocento dal poeta inglese William Ernest Henley, che accompagnò Mandela durante i lunghi anni della prigionia invitandolo a non perdere la speranza.
Nelson Mandela attraverso Invictus di William Ernest Henley scoprì se stesso e una forza che neppure immaginava di avere e invece era racchiusa nel profondo del suo animo e gli avrebbe permesso di fare grandi cose.
Invictus, quella poesia scritta da un uomo lontano secoli, divenne l’inno alla vita di Nelson Mandela che seppe leggervi il simbolo dell’invincibilità umana. In quella cella di Robben Island, in cui sarebbe stato rinchiuso per ventisette anni, Madiba ebbe un compagno di reclusione speciale, William Ernest Henley. Lo avrebbe trovato tra le righe delle pagine e in quelle parole si sarebbe riconosciuto, scoprendo che in fondo sembravano essere state scritte apposta per lui.
WILLIAM ERNEST HENLEY
Il poeta William Ernest Henley nasce a Gloucester (Inghilterra) il giorno 23 agosto 1849, maggiore dei sei figli di William Henley, di professione libraio, e di Mary Morgan, discendente del critico e poeta Joseph Warton.
Il futuro letterato studia presso la Crypt Grammar School negli anni tra il 1861 e il 1867; nel breve periodo – dal 1857 al 1863 – in cui Thomas Edward Brown ricopre il ruolo di preside della scuola, Henley viene profondamente influenzato dalla sua personalità.
Oltre ad instaurare una lunga amicizia, Henley scriverà su New Review (nel dicembre del 1897) un memoriale in cui l’ammirazione per Brown, è palese.
All’età di dodici anni Henley si ammala gravemente di tubercolosi, tanto che diventa necessaria l’amputazione della parte inferiore della gamba sinistra.
Per tutta la vita la malattia non gli dà tregua, tuttavia Henley è persona dotata di una straordinaria forza d’animo: si diploma nel 1867 e si trasferisce a Londra per iniziare la professione di giornalista. Nei successivi otto anni trascorre lunghi periodi ricoverato in ospedale, trovandosi a rischio di amputazione anche per ciò che riguarda il piede destro. Henley si oppone alla seconda operazione e accetta di diventare paziente presso il The Royal Infirmary di Edimburgo, curato da Joseph Lister (1827-1912), uno dei medici pionieri della moderna chirurgia.
Dopo tre anni passati in ospedale – dal 1873 al 1875 – Henley viene dimesso e, sebbene la cura di Lister non sia del tutto riuscita, questa gli permette comunque di vivere in modo autonomo per trent’anni.
Proprio nel 1875, mentre si trova in ospedale, scrive la sua poesia più celebre, “Invictus“, dedicata a Robert Thomas Hamilton Bruce (1846-1899). Le sue opere principali sono “A Book of Verses” (1888), “Views and Reviews” (1890), “The Song of the Sword” (1892), intitolato poi “London Voluntaries” dalla seconda edizione del 1893.
William Ernest Henley muore il giorno 11 luglio del 1903.
MGF