Regia di Roberto Andò – Italia, 2025 – 131′
con Toni Servillo, Salvo Ficarra, Valentino Picone

 

 

 

 

 

UN MIX DI RIFLESSIONE E COMICITÀ IN UN FILM SINCERO CHE RACCONTA UNA PAGINA FONDAMENTALE DEL PASSATO ITALIANO.

A quasi tre anni dal successo di “La stranezza” (quattro David di Donatello e un Nastro d’argento nel 2023) Roberto Andò ripropone il trio Toni Servillo, Salvatore Ficarra e Valentino Picone per un racconto “siciliano” che intreccia Storia e finzione. Oggi, Giuseppe Garibaldi e i Mille tra le cui fila si trovano “per caso” due sprovveduti che hanno tutt’altri obiettivi; allora, il viaggio di Luigi Pirandello in Sicilia per il compleanno di Giovanni Verga e il suo incontro con due teatranti impegnati nell’allestimento di uno spettacolo.
Domenico Tricò (Salvatore Ficarra), da dieci anni lontano dalla Sicilia, vuole tornare per sposare l’indimenticata fidanzata; Rosario Spitale (Valentino Picone), anche lui siciliano, vive da anni in Veneto, è un baro di professione e vuole tornare a Palermo per sfuggire alla giustizia che ha messo gli occhi su di lui. Con l’idea di approfittare di un passaggio dai garibaldini, si presentano come volontari. Vengono così ingaggiati dal colonnello Vincenzo Giordano Orsini (Toni Servillo), militare di lungo corso nell’esercito francese, un palermitano di nobili origini che ha scelto di seguire Garibaldi.
Roberto Andò, regista, sceneggiatore e scrittore palermitano, governa con indubbia maestria un racconto che procede su un doppio binario: da un lato le avventure tragicomiche dei due siciliani in fuga, poveri diavoli affamati, spaventati, vigliacchi e furbi, che pensano solo a sopravvivere, e si trovano senza volerlo a vivere uno dei momenti più significativi della nostra storia: “O si fa l’Italia o si muore”. Eppure, anche loro, che il marchio di disertori ha destinato all’oblio, alla fine troveranno una scintilla di coraggio e, tra l’incredulità, l’ammirazione e il rimorso del colonello, sapranno fare la differenza. Ma poi, quando le battaglie finiscono e si torna alla normalità, bisogna sopravvivere. Dall’altro la coralità delle imprese dei garibaldini, tra scontri sanguinosi, ripiegamenti e fughe, a volte accolti e acclamati come liberatori, altre semplicemente tollerati o addirittura respinti dai siciliani, popolo “che si rivela più nei silenzi e nelle parole che non dice”. Come ricorda Orsini, al quale il regista affida le (proprie) riflessioni sulla Sicilia, sulla Questione Meridionale, sul sogno dell’unità d’Italia e sulle reali possibilità che questa rivoluzione possa cambiare la vita delle persone più semplici, che vivono insieme alle pecore, hanno paura, ma sono anche capaci di condividere il poco che hanno. Ma che senso può avere la parola libertà per chi ha vissuto sempre “sotto padrone”?
L’abbaglio” è un film avvincente, un racconto drammatico con lampi d’ironia e comicità, che funziona grazie alle interpretazioni sempre convincenti dei tre protagonisti, senza eccessi o sbavature, né sul versante comico, né su quello drammatico. Ottimi anche Tommaso Ragno, nel ruolo di Garibaldi e Giulia Andò in quello di Assuntina, senza dimenticare Giulia Lazzarini, la vecchia madre del Colonnello Orsini, una breve scena intensa e commovente.

Recensione della Commissione Nazionale Valutazione Film della Conferenza Episcopale Italiana

Tematiche:
Amore-Sentimenti, Disabilità, Emigrazione, Guerra, Libertà, Matrimonio – coppia, Politica-Società, Povertà-Emarginazione, Rapporto tra culture, Storia


Roberto Andò non giudica i suoi personaggi, non biasima Domenico e Rosario, che tuttavia, come lui stesso ha voluto sottolineare, rappresentano l’eterna e indefettibile forza dell’Italia, nonché la dimostrazione di come il nostro paese si tenga in piedi anche quando appare mediocre se non in declino.


Con L’Abbaglio Roberto Andò torna ad affiancare Ficarra e Picone a Toni Servillo per raccontare un episodio secondario alla Spedizione dei Mille. Con lucidità e umana compassione il regista parla della sua Sicilia e dell’origine dell’Italia di oggi.


Recensioni
3,1/5 MYmovies
6/10 Gamesurf
3,9/5 ComingSoon.it

 

QUANDO GLI INGLESI FINANZIARONO I MILLE E GARIBALDI

All’arrivo della spedizione dei Mille l’11 maggio 1860, la presenza delle fregate inglesi davanti al porto di Marsala impedì la reazione della squadra borbonica che stava per intercettare e distruggere i due piroscafi garibaldini. Ma quali motivazioni portarono l’Inghilterra a decider di influenzare il processo unitario italiano? La risposta va cercata nei rapporti diplomatici tra Regno Unito e Regno delle Due Sicilie.

 

Tra il 1799 e il 1815 la gran Bretagna fu un alleato fondamentale per i Borboni. Dopo le due invasioni francesi i regnanti di Napoli fuggirono in Sicilia, protetti dalla flotta della Gran Bretagna, che stabilì un effettivo protettorato sull’isola. Gli inglesi svilupparono ottimi rapporti commerciali con l’isola. Una quota rilevante della bilancia commerciale britannica era rappresentata dall’importazione di materie prime provenienti dalla Sicilia e soprattutto dallo zolfo. In Sicilia erano presenti vere e proprie dinastie di mercanti inglesi, le quali avevano ottenuto il monopolio per lo sfruttamento di questa importante risorsa.

 

La situazione cambiò nel 1830, quando salì al potere Ferdinando II di Borbone. Egli si pose l’obiettivo di rendere il Regno delle Due Sicilie una potenza di media grandezza, autonoma da ingerenze esterne all’interno dello scacchiere europeo.
Per ristabilire una forte influenza sulla Sicilia, quando nel 1848 da Palermo cominciarono i moti che infiammarono il continente per i due anni successivi, l’Inghilterra sostenne il governo separatista siciliano, allo scopo di farne uno Stato autonomo retto da un principe di Casa Savoia. Ma la sconfitta di Carlo Alberto nella prima guerra d’indipendenza permise a Ferdinando II di intervenire in Sicilia e ristabilire la propria egemonia sull’isola. Il Regno Unito accusò il governo di Napoli di essere causa del malgoverno che scatenò le proteste e in una nota inviata al governo di Napoli minacciò che “qualora Ferdinando II avesse violato i termini della capitolazione e perseverato nella sua politica di oppressione, il Regno Unito non avrebbe assistito passivamente a una nuova crisi tra il governo di Napoli e il popolo siciliano”.

I rapporti furono sul punto di rottura definitivo a causa dello scoppio della guerra di Crimea. Ferdinando II decise di non appoggiare Francia e Gran Bretagna durante il conflitto (a differenza del Piemonte) poiché riteneva probabile una vittoria russa.

Quando Garibaldi decise di intraprendere l’impresa dei Mille il Regno Unito decise di agevolarne la riuscita. Impedì alla flotta francese di affondare i garibaldini che attraversavano lo stretto per dirigersi in Calabria e favorì l’alleanza tra la malavita napoletana e gli insorti. In questo modo la Gran Bretagna riuscì ad avere una forte influenza sul nuovo Stato unitario. Come scrisse Palmerston in una lettera alla regina Vittoria, “considerando la generale bilancia dei poteri in Europa, uno Stato italiano unito, posto sotto l’influenza della Gran Bretagna ed esposto al ricatto della sua superiorità navale, risultava il miglior adattamento possibile(…)l’Italia non parteggerà mai con la Francia contro di noi, e più forte diventerà questa nazione più sarà in grado di resistere alle imposizioni di qualsiasi Potenza che si dimostrerà ostile al Vostro Regno”.

 

Fonte: Corriere della Sera

 

MGF