Regia di Fabio De Luigi – Italia, 2024 – 110′
con Fabio De Luigi, Stefano Accorsi, Elisa Di Eusanio

 

 

 

 

 

IL TERZO FILM DI FABIO DE LUIGI E’ UNA COMMEDIA (MOLTO DIVERTENTE) SUL VALORE DELLA DELICATEZZA DEI SENTIMENTI (MASCHILI) LEGATI AD UN PASSATO CHE RIGUARDA IL FUTURO

Se i Blues Brothers, vestiti di nero, in un completo sgualcito ma leggendario, erano in missione per conto di Dio, ecco Fabio De Luigi e Stefano Accorsi che, nella stessa identica estetica, sono invece in missione per legittimare l’intimità e i sentimenti maschili. Come? In una commedia che è sì un remake (l’opera matrice è 25 km/h di Markus Goller), ma è uno di quei remake fatti bene, ispirati, coerenti, intellettualmente oculati nella scrittura e, soprattutto, nell’interpretazione (l’eccezione che conferma la regola?). Una commedia che fa la commedia, dall’inizio alla fine: si ride, si pensa, ci si emoziona, seguendo un viaggio che ha il sapore della catarsi e del cambiamento. Insomma, al terzo film da regista, De Luigi con 50 km all’ora, molla le regole impolverate del family movie e vira verso la maturità. In tutti i sensi.
Del resto, il filo del film è quello di un viaggio che assomiglia ad una tardiva occasione di crescita, perché restare bambini per sempre, in un mondo oscuro e disilluso come il nostro, è un pericolo non da poco. Dunque, tra tempi comici perfetti, imbarazzanti balletti, insetti nelle minestre e scorribande in giro per i colli dell’Emilia Romagna, 50 km all’ora diventa il divertissement che non ci aspettavamo, capace di prendere di petto l’emotività maschile – e l’emotività fraterna – delineando, in chiave divertita, il profilo di due uomini sperduti e malinconici a cui voler spassionatamente bene.
Com’è che si diceva? Non è la meta che conta, ma il viaggio. Una frase fatta perfetta per spiegare il senso di 50 km all’ora, in cui il Fabio De Luigi regista incontra la sua controparte attoriale in un’unione meravigliosamente amalgamata con un indomabile e giggionesco Stefano Accorsi. Coppia strana, coppia complementare per sguardi e per parole: se la commedia italiana non se la passa benissimo (basti vedere gli incassi), De Luigi e Accorsi riescono a dare un nuovo senso al concetto, risultando credibili e, senza dubbio, umani. In fondo, di umanità parla il film: un’umanità sgangherata, storta, sconnessa e ammaccata. La stessa umanità di una famiglia che vive di memorie, ferma tra la rabbia e il perdono, covando però il bisogno naturale di un affetto fortissimo, che attende di essere ristrutturato.
Attenzione, però: 50 km all’ora non è l’ennesimo melenso film sul valore del perdono, ma un road movie che somiglia ad un coming-of-age disfunzionale, intervallato dagli scherzi, dagli incontri, dalle liberazioni emotive che pesano come macigni. Un romanzo di formazione in cui la crescita è uno stato mentale, dove una risata stempera il risentimento, puntando ad una crescita, tanto narrativa quanto metaforica. C’è un nevralgico cambiamento nei due protagonisti, e c’è un costante cambio di tono nel film che, sotto, delinea quel sentimento maschile dato fin troppo per scontato, eppure sfumato in una delicatezza riconoscibile, fragile e ritrovata.

Damiano Panattoni – Movieplayer


Due fratelli, un viaggio in motorino, il passato da elaborare per andare incontro al futuro. De Luigi scrive, dirige e interpreta questo film sincero, onesto, pieno di buoni sentimenti ma senza inutili sentimentalismi.


Fabio De Luigi e Stefano Accorsi sono la riuscita coppia cinematografica che non ci si aspettava, insieme sono protagonisti di 50 km all’ora, terza commedia diretta dallo stesso De Luigi e da lui scritta insieme a Giovanni Bognetti. Un road movie tutto italiano, anzi romagnolo, che coniuga divertimento e tenerezza.


Nasce una nuova strana coppia: Fabio De Luigi e Stefano Accorsi. Hanno una buona alchimia, divertono e si completano. Hanno differenze all’apparenza inconciliabili, e proprio per questo funzionano.

Recensioni
3/5 ComingSoon
3,5/5 Movieplayer
4/5 Ciak Magazine

*****

I ROAD MOVIE

Nella storia del cinema i “film su strada” hanno fotografato anima e cultura di moltissimi Paesi e periodi storici. Quello dei road movies è uno dei generi cinematografici più iconici e peculiari di tutti, costellato da pellicole nelle quali i protagonisti sono sempre alla ricerca o in fuga da qualcuno o qualcosa. Tutto questo a bordo di veicoli iconici, entrati nel cuore di cinefili (e non solo) di tutto il mondo.
Un filone dominato da personaggi irrequieti, tormentati e “maledetti” ma dotati di una vitalità a volte sbalorditiva. Tra i tanti generi di cui si compone la storia del cinema, quello dei “film su strada” è uno di quelli che nel corso degli anni sono stati in grado di sondare nel profondo temi complessi come l’alienazione, la voglia di riscatto, la mascolinità tossica e la follia, spesso cristallizzando le tensioni e l’identità culturale di un Paese o di un periodo storico.

Tutto questo utilizzando il viaggio come metafora della metamorfosi compiuta sia dai personaggi protagonisti delle vicende narrate sia dei luoghi all’interno dei quali queste ultime avvengono. Le scene di viaggio tendono inoltre a suscitare nostalgia per un passato mitico idealizzato.

I protagonisti del road movie sono in movimento per tutto il film; pertanto, sono elementi iconografici importanti i mezzi di trasporto (principalmente automobili), le riprese “a carrellata” e gli spazi aperti. I road movie del secondo dopoguerra sono stati fortemente influenzati dal romanzo Sulla strada di Jack Kerouac (1957), in quanto in esso viene delineato il futuro dei road movie, fornendo la sua principale narrativa di esplorazione, ricerca e viaggio.

 

La consacrazione di tale genere arrivò solo negli Anni Sessanta con film come Gangster Story e Easy Rider.

I primi road movie degli Anni Trenta erano incentrati su coppie eterosessuali, mentre, a partire dal secondo dopoguerra, i protagonisti sono diventati principalmente amici maschi; le donne appaiono solitamente come personaggi occasionali che si incontrano lungo il percorso, oppure come compagne temporanee di viaggio.

 

 

 

 

Più raramente sono effettive protagoniste, come nel caso di Thelma e Louise del 1991.
Celebri road movie italiani sono La strada di Federico Fellini (1954), Il sorpasso di Dino Risi (1962), Bianco, rosso e Verdone di Carlo Verdone (1981) e Basilicata coast to coast di Rocco Papaleo (2010). Tre uomini e una gamba (1997) presenta diversi sketch dei comici Aldo, Giovanni e Giacomo, riproposti in salsa road movie misto a commedia romantica.

 

 

 

             

MGF