Regia di Frances O’Connor
Gran Bretagna, 2022 – 130′
con Emma Mackey, Oliver Jackson-Cohen, Fionn Whitehead
Biografico – Drammatico

 

 

 

 

L’OPERA PRIMA DELLA REGISTA INGLESE È UN SALTO NELL’IMMAGINARIO DI UNA GRANDE VOCE FEMMINILE.

In fondo, non si può fare che autobiografia. Non importa se reale o immaginaria. Contano le collisioni tra questi emisferi, e il modo soggettivo di sintetizzarle e travasarle in letteratura.
Frances O’ Connor, dopo decenni di recitazione (A.I. Intelligenza Artificiale), si piazza per la prima volta dietro la macchina da presa, per cesellare vita, tormenti, incubi e immaginazioni di Emily Brontë. Un’esistenza che si definisce in un corpo a corpo con la scrittura: una vocazione scacciata, rinnegata, poi finalmente accolta e sublimata in un romanzo epocale.
O’ Connor parte dal senso strisciante di morte che segna le tre sorelle Brontë. La scomparsa della madre ha sconquassato il maniero dello Yorkshire. Il padre padrone, reverendo Patrick le tiranneggia, prescrivendo loro una tediosa vita da insegnanti a Bruxelles. Altra mina vagante è il bizzoso Brandwel, unico figlio maschio. I due sono in simbiosi, si cimentano e si tormentano con la scrittura, urlano alle valli, scorribandano di notte in casa d’altri.
Il tappo dell’equilibrio puritano salta in aria quando vi piomba William Wieghtman. Il tenebroso, aitante pastore fa sospirare le
sorelline, dà lezioni di francese a Emily, la concupisce e l’abbandona, per senso di colpa, in balia di una passione divorante..
Tra il senso del dovere paterno e l’amore clandestino con il curato, Emily, allora, scolpisce la propria inafferrabile interiorità che O’ Connor ci restituisce in uno sventolio di primi piani intimisti per scuotere una narrazione che spesso va al piccolo trotto.
La recitazione camaleontica e nevrile di Emma Mackey si staglia, tra campi lunghi da cartolina, come uno strabordante saggio di recitazione.
Mackey l’espressionista sa riproporre tutto il tremolio emotivo della scrittrice, intestandosi con smorfiosa, sfrontata grazia, il saliscendi sentimentale della parabola. Piazzando la camera negli occhi di Emily, O’ Connor può rimbeccare di sguincio l’Ottocento anglosassone, imbalsamato in cuffiette, carrozze, brughiere, chiese e colpe da espiare. Eppure l’attrice-regista ne mantiene, fedelmente, tutte le direttrici morali, con una sensibilità rabbiosa, postmoderna, orgogliosamente femminista.
Riplasmando l’Ottocento con il Duemila e la letteratura con la biografia, lavora con l’accetta, scartando, riducendo, essenzializzando
la cronologia, asservendola allo stream of consciousness della protagonista, fatto, cinematicamente, d’un turbinio d’occhi e corse nelle
praterie e pianti e rabbia e capelli al vento. Il risultato è un film intimista, rarefatto e luttuoso, che scopre subito le carte in tavola e poi volteggia, leggiadro, tra i generi senza lasciarsi ghermire da nessuno di loro.
O’ Connor impregna ogni scena di tutta la gravità morale e sentimentale del romanzo, ma imprime alla trama un naturalismo atemporale, sgravato dalla Storia, eppure rigoroso nel denuciarne perbenismo e discriminazioni.

Davide Maria Zazzini – Cinematografo.it

 

EMILY BRONTË

Emily Brontë, nata Emily Jane Brontë, è stata una scrittrice inglese nota per il suo romanzo Cime Tempestose, in inglese Wuthering Heights. Emily è nata a Thornton ed è la quinta di sei figli. Non è l’unica scrittrice nota della famiglia Brontë: insieme a lei ricordiamo anche Charlotte, scrittrice di Jane Eyre, e Anne Brontë, autrice di Agnes, di Grey e La signora di Wildfell. Le tre scrittrici, insieme, sono conosciute con il nome di sorelle Brontë.

 

 

 

La famiglia Brontë si trasferisce a Haworth due anni dopo la nascita di Emily: saranno proprio le brughiere, tipiche del West Yorkshire, vicine a Haworth la perfetta ambientazione per la storia d’amore tra i protagonisti di Cime tempestose, Heathcliff e Catherine. La madre morì presto e il padre, un curato perpetuo che doveva occuparsi di sei figli, chiese aiuto alla governante Tabitha Aykroyd, una figura severa e intransigente che segnò l’infanzia dei fratelli.

 

Emily Brontë frequentò la Clergy’s Daughters School di Cowan Bridge, dove venne da subito notato il suo talento letterario. Ormai grande, Emily cominciò a lavorare come insegnante a Law Hill, nel West Yorkshire, ma tornò presto a casa. Insieme con Charlotte poi partì per Bruxelles, per approfondire la conoscenza delle lingue.

Una volta tornate a casa, fu Charlotte a scoprire le poesie e gli appunti di Emily. Le sorelle vivevano la loro produzione poetica come un segreto ma, dopo questa scoperta, Charlotte convinse sia Emily che Anne a pubblicare i loro lavori sotto pseudonimi – creati a partire dalle iniziali.

In seguito l’editore Newby pubblicò i tre romanzi delle sorelle e nel 1947 fu la volta di Cime tempestose di Emily Brontë che, all’inizio, non ebbe il favore della critica. Diventato oggi uno dei classici della lettetaruta mondiale, Wuthering Heights di Emily Bronte è considerato uno dei massimi esempi della letteratura vittoriana.

 

 

 

 

CIME TEMPESTOSE: L’AMORE TORMENTATO CHE RIVIVE SUL GRANDE SCHERMO

La voce nella tempesta (1939)

Di William Wyler. Protagonisti sono Laurence Olivier, nei panni del tormentato Heathcliff, e Merle Oberon in quelli di Cathy. Il regista scelse di rappresentare solamente 16 capitoli (meno della metà) trascurando completamente la storia delle nuove generazioni, della piccola Catherine e di Linton, figlio di Heathcliff e di Isabel. Una scelta probabilmente intelligente, fatta in modo da potersi concentrare unicamente sull’amore tormentato dei due protagonisti. Ottenne ben otto nomination agli Oscar, ma vinse soltanto quello per la miglior fotografia.

 

 

 

Abismos de pasión (1954)

Di Luis Buñuel. Il regista si ispirò liberamente al romanzo e scelse di cambiare un po’ la storia. I protagonisti, Alejandro (Heathcliff) e Catalina (Cathy) non sono personaggi romantici. L’ambientazione si sposta dallo Yorkshire al Messico. I passaggi più importanti e fondamentali del romanzo furono lasciati immutati. I due protagonisti si avvicinano maggiormente a quelli del romanzo; Heathcliff è rancoroso, tormentato, animalesco e non un uomo sempre composto e affascinante. Cathy non è amabile e gentile, ma viziata e capricciosa, esattamente come ci viene descritta dalla Brontë.

 

 

 

Cime tempestose (1992)

Il regista è Peter Kosminsky, gli attori Ralph Fiennes e Juliette Binoche. Tra tutti è forse il film che più si attiene al romanzo. I personaggi sembrano uscire direttamente dalle pagine del libro, li amiamo e li odiamo. Non manca niente: non mancano i giochi capricciosi di Cathy, non mancano scene bellissime tra i due amanti, seduti lontani da tutti, insieme, in mezzo alla brughiera. Non manca la rabbia cieca di lui, né i dubbi e i rimorsi di lei.

 

 

 

 

Wuthering Heights (2009)

Adattamento televisivo, diviso in due parti, del 2009. Alla regia Peter Bowker, Charlotte Riley e Tom Hardy nei panni di Cathy e di Heathcliff. In più di tre ore il regista riesce a mettere in scena tutti i 34 capitoli, mostrandoci l’infanzia e la fase adulta dei due protagonisti e la nuova generazione.

 

 

Cime tempestose (2011)

L’ultimo adattamento cinematografico dell’opera di Emily Brontë risale al 2011 e vede alla regia Andrea Arnold e come protagonisti Kaya Scodelario e James Howson. La regista affida il ruolo dell’indomabile Heathcliff a un attore nero: “Nel romazo la Bronte lo descrive come uno zingaro dalla pelle scura, negli abiti e nelle maniere un geltiluomo” . Con questa scelta la Arnold vuole affidare un ulteriore significato al Cime tempestose classico, sottolineando come l’amore tra Cathy e Heathcliff sia osteggiato principalmente per un motivo: il colore della pelle.

 

 

 

 

MGF