GIUGNO

É il mese dei prati erbosi e delle rose;
il mese dei giorni lunghi e delle notti chiare.
Le rose fioriscono nei giardini, si arrampicano
sui muri delle case. Nei campi, tra il grano,
fioriscono gli azzurri fiordalisi e i papaveri
fiammanti e la sera mille e mille lucciole
scintillano fra le spighe.

 

 

Il campo di grano ondeggia al passare
del vento: sembra un mare d’oro.
Il contadino guarda le messi e sorride. Ancora
pochi giorni e raccoglierà il frutto delle sue fatiche.

 

 

Ciò che colpisce subito leggendo “Giugno” è il colore vibrante che si sprigiona dai versi.
Ci troviamo catapultati in un ambiente profumato di rose e di germogli, di tramonti vivaci e di notti rischiaratrici. Il grano ondeggia in mezzo ai papaveri e ai fiordalisi anche dinanzi ai nostri occhi di lettori sognanti. E anche le lucciole inebriano i nostri sensi con il loro volteggiare luccicare.
Giugno è dipinto da Giosuè Carducci come un mese di speranza, di rinascita – naturale e agricola – che ricorda anche una rinascita del cuore. Il mare d’oro, insieme all’immagine sorridente di un contadino affaticato ma soddisfatto, è preludio di inaudita bellezza, di felicità nascente.


GIOSUE’ CARDUCCI

Giosuè Carducci nasce a Valdicastello in Versilia il 27 luglio 1835. Trascorre gli anni dell’infanzia a Bolgheri, nella Maremma toscana, dove il padre, perseguitato per le sue idee politiche, era esiliato. In seguito, si trasferisce con la famiglia a Firenze e consegue la laurea in Lettere alla Scuola Normale di Pisa, all’età di 21 anni. Nel 1860 ottiene la cattedra di Letteratura italiana all’Università di Bologna (tra i suoi allievi c’è Giovanni Pascoli). Nel 1890 è nominato senatore. Nel 1906 è il primo italiano a ricevere il Premio Nobel per la Letteratura. Il 16 febbraio 1907 muore a Bologna.
Giosuè Carducci dedicò la sua vita agli studi, alla poesia, all’impegno politico. Uomo e poeta di forte temperamento, affrontò le vicende politiche italiane e il dibattito culturale della seconda metà dell’Ottocento con spirito battagliero e vigore polemico. In politica fu interprete delle delusioni di quella generazione che, dopo aver partecipato attivamente alla lotta risorgimentale, dapprima si era sentita tradita nei propri ideali e poi aveva finito con l’accettare la realtà, aderendo al progetto monarchico – costituzionale del nuovo Stato italiano. Carducci sognava un rinnovamento della coscienza italiana e si ispirò al mondo classico, perché gli sembrava che nell’antica Roma ci fosse un senso della vita più alto e dignitoso. Proprio per questo ruolo di formatore della coscienza civile e morale dei suoi concittadini, è considerato il poeta vate, ossia il poeta simbolo della nazione italiana.

 

MGF