PRISCILLA: LA RECENSIONE E LA STORIA D’AMORE CON ELVIS
Regia di Sofia Coppola
Con Cailee Spaeny, Jacob Elordi,
Dagmara Dominczyk, Ari Cohen
A TRATTI IRRISOLTO, MA ANCHE MALINCONICO E VERO
Base militare USA di Wiesbaden, Germania Occidentale, 1959. Priscilla Beaulieu ha quattordici anni, è timida, coscienziosa, educata con affetto e rigore dalla mamma e dal padre soldato. Certo, la vita inizia a starle stretta in quell’angolo un po’ sperduto di Europa. Per svagarla, un soldato della base la invita a una festa dove ci sarà anche Elvis. Elvis è già una celebrità – non c’è bisogno di specificare “Presley”, la sua folgorante carriera è in un raro momento di pausa, giusto il tempo dei due anni di servizio militare e poi si torneranno a macinare dischi, concerti, film. Priscilla è emozionata ma non si intimorisce davanti alla star, che quasi immediatamente si avvicina a questa ragazza minuta, dallo sguardo attento e con una naturale disposizione all’ascolto. Dopo il primo incontro ne seguiranno altri, e altri ancora fino a quando, dopo una lunga trattativa, Elvis convincerà la famiglia Beaulieu a far trasferire Priscilla negli Stati Uniti, con la garanzia di una supervisione del padre di Presley e di un’iscrizione a una prestigiosa scuola cattolica.
Priscilla, ottavo film di Sofia Coppola, racconta la strana gestazione e maturazione di un rapporto che nasce fuori equilibrio, che inizialmente sembra un capriccio ma che si trasforma in profonda empatia, rara passione, malcelato sopruso. È un film speculare all’Elvis di Baz Luhrmann, raccontandone il lato privato e spostando dal centro della scena l’ingombrante divo per mostrarne le ombre private. Anche il tono scelto da Coppola è, consapevolmente, agli antipodi del “carnevale” luhrmaniano. Viene cancellata ogni magniloquenza: lo stile è trattenuto e pacato, i colori prediligono sfumature autunnali, la colonna sonora ha una presenza pudica e mai ingombrante. Sembra quasi che Coppola voglia trovare uno spazio discreto per questa protagonista costretta troppo presto a crescere all’ombra di un personaggio che porta già su di sé le stimmate del mito.
Priscilla inizialmente lotta per difendere il suo piccolo spazio di libertà nel rigido quotidiano impostole dal padre, ma subito – poco più che bambina – viene inglobata, quasi assorbita, dalla sfera di influenza di Elvis. Presley la protegge, certo. La gratifica, forse a modo suo la ama (anche se non la tocca per anni, sfogando i suoi appetiti sessuali con compagne di set). Ma più di tutto la priva della sua giovinezza, le impedisce di crescere costringendola a essere precocemente adulta. La libera dalla gabbia familiare per rinchiuderla in un’altra gabbia: la celeberrima Graceland (la celebre tenuta di Memphis, oggi meta di pellegrinaggi musicali) nella quale Priscilla – coccolata e vezzeggiata dalle donne di quella strana micro-comunità – entra con facilità ma dalla quale non riesce più a uscire.
Priscilla è la storia di una maturazione a lungo mancata, di una ribellione a un amore – e a uno schema mentale – fondato su un possesso patriarcale, della difficoltà a liberarsi da forme di possesso maschile che nascondono il sopruso sotto una patina di affetto devoto. Elvis è a suo modo un predatore e Priscilla una vittima a lungo collusa almeno fino al liberatorio finale. Coppola non calca la mano sulla tossicità della relazione di coppia, sulle scenate e sulle sofferenze, sulle droghe e sulle corna. Sceglie la via della sottrazione, del palpito, della carezza. Come in tutti i suoi film – sì, Coppola fa sempre lo stesso film, ma lo fa benissimo – indaga nelle pieghe dell’animo femminile, cesella un rarefatto romanzo di formazione, rinuncia a ogni ridondanza stilistica per concentrarsi sulla penombra. Un film maturo, poco urlato e apparentemente impalpabile, senza lustrini ma invece lucidissimo nell’analisi emotiva e politica – sì, anche politica – di un rapporto d’amore ingiusto, perché specchio di un potere ancora una volta declinato al maschile.
Basato sul libro di memorie di Priscilla Presley e realizzato contando sulla sua consulenza, Priscilla presenta a Coppola un compito difficile: onorare i ricordi di una donna e allo stesso tempo fare luce in modo lucido e franco su circostanze piuttosto allarmanti. È una sfida che la regista affronta con calibrata perspicacia; infatti, Priscilla non è né sensazionalistico né edulcorato. È uno sguardo sensibile, anche se leggero, su una giovane che si risveglia da un sogno e si confronta con la vita a occhi aperti.
Priscilla è un film delicato, ma non è né stagnante né freddo. Scelte musicali giudiziose scandiscono in modo toccante i momenti di dolore e smarrimento di Priscilla, la cui fanciullezza svanisce rapidamente quando la verità delle cose inizia a rivelarsi. Si tratta forse del film più semplice di Coppola, sobrio e controllato. Ma è comunque una delle sue creazioni più rappresentative e convincenti, un altro dei suoi studi sulle giovani donne alla ricerca di stabilità mentre si muovono nel mondo.
Recensioni
3,5/5 Sentieri selvaggi.
9/10 IGN Italia.
3/5 Cineforum
STORIA DI UN AMORE TORMENTATO E TOSSICO
“Era il mio mentore, il mio confidente. Era tutto. Il mio Dio’, perché l’ho vissuto e respirato“. Basterebbero queste poche parole di Priscilla Presley, pronunciate nel 2017 all’Entertainment Tonight, per tracciare i confini di una storia d’amore intensa e a tratti morbosa, totalizzante e simbiotica fino allo stremo. In parte fu il lento logorio delle anfetamine che il re del rock aveva imparato a conoscere negli anni dell’esercito e che gli provocavano non pochi scatti di collera, a contrassegnare la relazione tra Elvis Presley e la moglie, che dal cantante si fece modellare e plasmare a sua immagine e somiglianza. Ma oltre alle droghe, c’erano altri aspetti che resero la loro convivenza coniugale molto difficile.
Quando la coppia si vide per la prima volta nel 1959, nella città tedesca di Wiesbaden, Priscilla era solo una ragazzina di 14 anni, “una bambina” come dirà lui stesso, mentre Elvis ne aveva 24. Eppure quella sera l’artista, già celebre in tutto il mondo, ne rimase colpito e, messosi al pianoforte, cercò in tutti i modi di fare colpo su di lei.
Come prevedibile, i genitori di lei erano contrari al loro legame. Ammorbidirono le loro posizioni solo quando Elvis si presentò a casa loro in divisa militare: il padre adottivo della ragazza, Paul Beaulieu, era infatti un ufficiale della United States Air Force e il fatto che il cantante avesse prestato servizio influì positivamente sulla decisione di acconsentire a una loro frequentazione. Nel 1963, i suoi genitori le permisero di trasferirsi a Memphis in modo che potesse essere più vicina al rocker, che spesso la andava a prendere a scuola in limousine. Prima di diplomarsi, Priscilla si trasferì nell’iconica casa di Elvis a Graceland con la promessa che si sarebbero sposati. E così fu nel 1967, quando Priscilla compì 21 anni. The King desiderava che sua moglie fosse devota alla casa e alla famiglia, sempre disponibile e, naturalmente, vergine.
Nella sua autobiografia del 1985, Elvis and Me, Priscilla descrive Presley come un uomo molto appassionato che non aveva un atteggiamento apertamente sessuale nei suoi confronti. Gli otto anni precedenti alle nozze furono una sorta di scuola di formazione per imparare a essere la vera moglie del rocker, la donna che tutti si aspettavano che Elvis avrebbe voluto al proprio fianco. Fu lui a imporre a Priscilla il modo di vestire, di pettinarsi e persino di truccarsi. “Ha applicato il trucco così pesantemente che non si poteva dire se i miei occhi fossero neri, blu o neri e blu“, confidò a People nel 1985. “Questo era ciò che Elvis voleva. Voleva modellarmi alle sue opinioni e preferenze” e lei accettò senza condizioni, facendosi persino tingere i capelli di nero per abbinarli ai suoi. Nelle sue memorie, Priscilla scrisse che divenne “la bambola vivente di Elvis, a suo piacimento. Nel corso degli anni, è diventato mio padre, mio marito e quasi Dio”.
Nove mesi dopo le nozze, celebrate all’Aladdin Hotel di Las Vegas, nacque nel 1968 la piccola Lisa Marie, a cui il cantante rimase legatissimo per tutta la vita. L’unione con Priscilla tuttavia, consacrata da una cerimonia della durata di 8 minuti, officiato dal manager del cantante Tom Parker, non fu solida come ci si sarebbe aspettati. Elvis “non era fedele”, ha detto Priscilla all’Australia’s Sunday Night nel 2017 quando gli è stato chiesto delle numerose presunte relazioni del cantante durante il loro matrimonio. Così Priscilla, a propria volta, iniziò una relazione con il suo istruttore di karate Mike Stone, nei primi Anni 70. Nella sua autobiografia Priscilla ha detto che i suoi “sentimenti di abbandono e solitudine” l’avevano spinta ad avere una nuova relazione, aggiungendo che lasciare Elvis l’aveva portata a “ritrovare me stessa per la prima volta”. “Era l’amore della mia vita, ma dovevo scoprire il mondo”.
Fu così che nel 1972 la coppia si separò, per poi divorziare l’anno successivo, pur continuando a sentirsi e vedersi regolarmente per il bene della loro unica figlia. Erano gli anni del disfacimento psicofisico del cantante. Negli Anni ‘70 la dipendenza dalle droghe ne compromisero definitivamente la salute. Sempre più chiuso e sospettoso, Elvis si circondò dei cosiddetti “Guys”, una cerchia di sedicenti amici e opportunisti Yes Men che cercavano di esaudire ogni suo desiderio, allo scopo di entrare nelle sue grazie, e ottenere in seguito indubbi vantaggi. Questa cerchia di persone, se da un lato nel corso degli anni lo protesse con ogni mezzo a sua disposizione da una qualsiasi influenza che essa reputasse indesiderabile, dall’altro gli impedì di potere intrattenere rapporti sani e costruttivi con il reale mondo esterno. L’unico legame era rappresentato dall’ex moglie Priscilla, che fino all’ultimo cercò di stargli vicino, sebbene dopo il loro divorzio il suo declino fosse diventato ormai irreversibile.
Con una salute ormai compressa, la star si spense a Memphis il 16 agosto 1977. A 48 anni di distanza, Priscilla continua a preservare l’eredità dell’ex marito e a prendersi cura della sua proprietà a Graceland del valore di circa 300 milioni di dollari.
MGF