La presentazione del libro Operazione Avalon di Grace Freeman e Beckie Fiorello ha avuto grande risposta di pubblico la sera del 6 dicembre scorso, quando le due autrici, nonché volontarie del Fratello Sole, hanno aperto le pagine del loro libro ai numerosi ospiti in sala.

 

 

 

Era un atto doveroso: Operazione Avalon è un simpatico volumetto ispirato proprio all’ esperienza delle due autrici nell’ambito dei vari eventi cinematografici, e non solo, del nostro teatro.
La discussione si è soffermata sulla missione del volontariato in tutte le sue sfaccettature, ponendo l’accento sulla mole di impegno che ciò comporta.

 

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DOWNTON ABBEY

Regia di Michael Engler – Gran Bretagna, 2019 – 122′

con Hugh Bonneville, Jim Carter, Elizabeth McGovern, Maggie Smith

 

1927. Un grande evento sconvolge la quiete della splendida tenuta Downton Abbey: il conte di Grantham, Robert Crawley (Hugh Bonneville), riceve una lettera direttamente da Buckingham Palace, nella quale viene comunicato che il Re e la Regina d’Inghilterra faranno visita alla dimora.
Dopo 52 episodi divisi in 6 stagioni televisive, la fortunata serie di Downton Abbey approda sul grande schermo. Si torna nella celebre residenza, in una sorta di sequel pensato appositamente per il cinema e dotato delle caratteristiche e dinamiche che componevano il format british: attori in formissima all’interno di un cast che continua a fare dell’armonia il principale punto di forza, humour, sorrisi, sguardi e punti di vista sul mondo dei serviti e dei servitori nella Gran Bretagna sotto il regno di Re Giorgio V.

Paolo Castelli

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UN INGRANAGGIO BEN OLIATO E ASSEMBLATO A REGOLA D’ARTE. TUTTO MOLTO FAMILIARE, TUTTO IRRESISTIBILMENTE PIACEVOLE

Paola Caselli – Mymovies.it

1927. Downton Abbey è l’aristocratica dimora nello Yorkshire di proprietà della famiglia Crawley, al cui comando ora sono la primogenita Mary e il cognato Tom Branson, subentrarti al conte Robert e alla sua moglie americana Cora. La grande notizia è che re George V e sua moglie Mary (i nonni dell’attuale regina Elisabetta, per intenderci) verranno in visita e soggiorneranno presso i Crawley per una cena e una nottata. Tutta Downton Abbey si mobilita per accogliere degnamente i coniugi reali, e l’austera Mary cerca di neutralizzare le due mine vaganti: Tom l’irlandese, le cui idee indipendentiste potrebbero apparire indigeste ai reali, e il maggiordomo Thomas Barrow, subentrato all’affidabile Charles Carson. Per ovviare al secondo rischio Mary richiama Carson dalla pensione, e naturalmente Barrow risente dello schiaffo morale. Ma nessun affronto è peggiore dell’imposizione, da parte dei sovrani in visita, di sostituire all’intero gruppo di domestici di Downton Abbey lo staff della Casa reale. Dopo 52 episodi e sei stagioni televisive, Downton Abbey fa il salto verso il grande schermo, soddisfacendo il desiderio dei milioni di fan orfani della loro serie preferita. E la versione cinematografica della saga si rivela perfettamente aderente alle aspettative, un ingranaggio ben oliato e assemblato a regola d’arte: i personaggi restano fedeli alle rispettive caratterizzazioni ed entrano in dinamiche interrelazionali riconoscibili (anzi, anticipabili) dal pubblico degli aficionados, e anche se la trama non è particolarmente avvincente, ogni svolta della storia è seminata a dovere e raccolta al momento giusto, e l’atmosfera a base di tazze di tè, completi di tweed e “Dio salvi la regina” ha l’effetto rassicurante di un comfort food. In questo senso Downton Abbey è il perfetto antidoto ai tempi disordinati e anarcoidi in cui viviamo: una sorta di anti Joker adatto a ricollocarci in un’epoca in cui il divario sociale si
1927. Un grande evento sconvolge la quiete della splendida tenuta Downton Abbey: il conte di Grantham, Robert Crawley (Hugh Bonneville), riceve una lettera direttamente da Buckingham Palace, nella quale viene comunicato che il Re e la Regina d’Inghilterra faranno visita alla dimora. Dopo 52 episodi divisi in 6 stagioni televisive, la fortunata serie di Downton Abbey approda sul grande schermo. Si torna nella celebre residenza, in una sorta di sequel pensato appositamente per il cinema e dotato delle caratteristiche e dinamiche che componevano il format british: attori in formissima all段nterno di un cast che continua a fare dell誕rmonia il principale punto di forza, humour, sorrisi, sguardi e punti di vista sul mondo dei serviti e dei servitori nella Gran Bretagna sotto il regno di Re Giorgio V. Paolo Castelli
esprimeva in modo, per così dire, meno conflittuale. Certo, il film lascia chiaramente intendere che l’aristocrazia si sta avviando sul viale del tramonto e che certe caste e certi privilegi saranno (almeno in parte) sovvertiti: ma per il momento gli happy few vivono ancora di rendita, drappeggiati in meravigliosi costumi d’epoca e alloggiati in stanze sapientemente decorate e illuminate.[…] Lo sceneggiatore Julian Fellowes tiene la politica a distanza e si concentra sui rapporti fra i personaggi, spesso colorati da attrazione e sentimento. Tutto molto familiare, tutto irresistibilmente piacevole. Le rare scintille sono lasciate all’impareggiabile Maggie Smith nel ruolo della contessa Violet che battibecca con Isobel Merton e lancia frecciate a Lady Bagshaw, cugina e dama di compagnia della regina, interpretate rispettivamente da Penelope Wilton e Imelda Staunton. Al punto che viene spontaneo chiedersi se il prossimo episodio non possa essere uno spin off con le tre leonesse come protagoniste assolute.

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IL RITORNO DOPO ALCUNI ANNI DEI NOBILI E DELLA LORO SERVITÙ NON DELUDERÀ GLI AMANTI DELLA SERIE E NON SOLO.

Mauro Donzelli – Comingsoon.it

[…]Dopo quasi tre anni dalla conclusione della sesta e ultima stagione, oltre a vari tentativi poi abortiti, è giunto il momento del film di Downton Abbey. Un’occasione per soddisfare gli amanti della serie in crisi d’astinenza, ma soprattutto per avere la conferma che il creatore e sceneggiatore, Julian Fellowes, ha saggiamente atteso qualche tempo prima di avere l’idea giusta. Il formato è simile a quello degli speciali di Natale che sono stati proposti in passato, con un plot concentrato intorno a un evento importante per la casa. Quale più di una visita reale per ricompattare gli abitanti, anche quelli che l’avevano da poco lasciata, come Mr Carson, che si conferma uno dei personaggi più interessanti e amati della saga, insieme a una straordinaria Maggie Smith, ancora una volta, nei panni di Lady Violet. È lei a prendere le redini della parte conclusiva del film, quando la visita reale si sta concludendo ed è il momento di riprendere il filo della vita e del futuro della gente di Downton. I suoi dialoghi pungenti e i battibecchi sul filo di un’esilarante ironia sono, al solito, memorabili. Questa volta duetterà perlopiù con un nuovo personaggio che le tiene testa, la cugina e dama di compagnia della regina, Lady Bagshaw (Imelda Staunton). Diciamolo subito, l’operazione convince in pieno e non dà la sensazione di una minestra riscaldata. In un periodo in cui i confini fra cinema e televisione sono sempre più sfumati non ci sembra inopportuno vedere un prodotto del genere sul grande schermo. Una visione che riconcilia con la scrittura arguta e complessa, con delle recitazioni sempre impeccabili, per ogni singolo ruolo, e non sono pochi. Fellowes si conferma grande antropologo capace di analizzare l’evoluzione dei vizi e delle virtù della società britannica, eccellendo nelle sottottrame, nella cura con cui vengono rappresentati gli anni che passano, con le variazioni sociali e nei costumi, attraverso piccole sottolineature, fugaci momenti.

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I TEMPI E GLI SCHERMI CAMBIANO, DOWNTON ABBEY NO

Max Borg – Movieplayer.it

[…]Michael Engler aveva già diretto l’episodio di commiato di Downton Abbey, il che assicura una coerenza visiva che con il grande schermo non affievolisce, avendo il mantenuto un’estetica elegante ed ambiziosa degna dei migliori film in costume. Torna anche il creatore Julian Fellowes, con un copione che rispolvera il sistema delle classi sociali britanniche con la solita sagacia, senza dimenticare i dialoghi calibrati al millimetro, da ascoltare rigorosamente in originale per apprezzare il sarcasmo tipicamente british di personaggi come Violet, un’autentica miniera d’oro per quanto riguarda le frasi più memorabili del film (“Io non litigo. Spiego.“).

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DOWNTON ABBEY: I DIECI PERSONAGGI MIGLIORI DELLA SERIE TV

Max Borg – Movieplayer.it

10) ANNA BATES

La servitrice personale di Lady Mary, introdotta come un figura relativamente minore nei primi episodi della serie, col passare del tempo Anna Bates si è ritagliata uno spazio sempre più importante con il suo mix di eterna gentilezza e determinazione, unita a un delizioso accento, quello naturale dell’attrice Joanne Froggatt, che incarna alla perfezione lo spirito del Yorkshire dove è ambientato lo show (mentre i Crawley, essendo di rango più nobile, si esprimo con la cosiddetta received pronunciation, vale a dire l’accento inglese “neutro” associato alle classi più benestanti). È anche protagonista di quella che, a nostro avviso, è la storia d’amore più bella di tutta la serie, al fianco dell’altrettanto amabile John Bates.

 

9) CORA CRAWLEY

Lady Grantham, la moglie di Robert Crawley, è tra le figure più affascinanti dell’universo di Downton Abbey in quanto outsider per eccellenza, essendo americana (in uno degli episodi natalizi incontriamo la madre e il fratello, interpretati rispettivamente da Shirley MacLaine e Paul Giamatti). Questo dà a Cora Crawley un punto di vista abbastanza unico all’interno delle mura di Downton, e il modo in cui Elizabeth McGovern interagisce con i colleghi inglesi, dandosi una parlata vagamente nobile ma comunque “sporcata” dalle sue origini oltreoceano, regala a molte delle sue scene un’aria da classica commedia sofisticata.

 

 

8) THOMAS BARROW

Quella di Thomas è forse l’evoluzione più interessante di tutto lo show: inizialmente era un vero e proprio antagonista, con l’intenzione di farlo sparire al termine della prima stagione dopo il fallimento del suo piano nefasto, ma la performance di Rob James-Collier convinse i produttori a farlo rimanere. Saggia decisione, perché col passare degli anni, pur rimanendo in parte tendente ai complotti e poco affidabile, Thomas Barrow si è gradualmente trasformato in una sorta di figura tragica, condannato all’infelicità perché nonostante i suoi successi professionali non potrà mai essere completamente se stesso, dato che è segretamente gay e nel periodo in cui è ambientato lo show l’omosessualità era ancora illegale nel Regno Unito.

 

 

7) JOHN BATES

Servitore personale di Lord Grantham, anche John Bates, come la sua futura moglie Anna, da personaggio minore si è mutato in uno dei personaggi migliori di Downton Abbey oltre che uno dei più importanti, grazie soprattutto a una delle storyline più drammatiche dello show: l’accusa dell’omicidio della sua ex-moglie, che lo porta ad essere arrestato nel finale della seconda stagione e scontare una pena carceraria che durerà fino al terzultimo episodio della terza, una volta appurata la sua innocenza. È un personaggio affascinante anche perché, a differenza della maggior parte degli abitanti di Downton, non esita a far uscire il proprio lato oscuro se necessario, anche se nel complesso, soprattutto se al fianco della moglie, è l’emblema della felicità per quanto riguarda i piani inferiori della dimora.

 

 

6) MATTHEW CRAWLEY

Il ruolo che ha trasformato Dan Stevens in una star e spezzato il cuore ai fan quando il personaggio è stato ucciso alla fine della terza stagione, nello speciale natalizio, vittima di un incidente automobilistico mentre torna dall’ospedale dopo la nascita del figlio (una scelta obbligata poiché Stevens voleva lasciare la serie e Julian Fellowes lo venne a sapere all’ultimo, e qualunque altra opzione avrebbe danneggiato la storyline). Un’uscita di scena che lasciò l’amaro in bocca anche perché Matthew Crawley, arrivato a Downton Abbey nel primo episodio praticamente da esterno, era sostanzialmente la nostra guida, ed era tramite lui che ci eravamo affezionati a quel mondo, grazie al suo misto di sangue nobile e prospettiva da persona che conosce anche il mondo esterno, concetto che poi è stato applicato in parte anche a un altro personaggio fondamentale.

 

 

5) TOM BRANSON

Introdotto nella prima stagione come autista, Tom Branson è poi entrato a far parte della famiglia tramite il matrimonio con Sybil Crawley, pur restando, almeno ideologicamente, un outsider a causa della sua origine umile e della nazionalità irlandese, il che lo rende a volte una presenza ingombrante a Downton quando si parla di politica. Anche lui, per certi versi, è l’altero ego dello spettatore, e il suo carisma “terra terra”, unito a una grande onestà intellettuale (pur disprezzando l’aristocrazia, vuole bene alla famiglia Crawley perché trattano tutti con il dovuto rispetto), l’ha trasformato in una delle figure più sottilmente complesse dello show, ponendo anche le basi per una delle sottotrame più interessanti (e a tratti una delle più appaganti) del film.

 

 

4) MRS. HUGHES

Tra i pochi personaggi a non avere un nome di battesimo (o meglio, non l’abbiamo quasi mai udito, salvo rare eccezioni come l’episodio finale della serie), Mrs. Hughes è l’anima dei piani inferiori di Downton, compassionevole nei confronti dello staff (esemplare il suo rapporto di amicizia con i coniugi Bates) ma anche guidata da un senso del dovere che si traduce in una mentalità severa e contraria al nonsense, ulteriormente arricchita dal suo essere spudoratamente, deliziosamente scozzese. Irresistibili i suoi occasionali battibecchi con Mr. Carson, che sposerà al termine dello show.

 

 

 

3) LADY MARY CRAWLEY

Altro caso di notevole evoluzione nel corso dello show, nella prima stagione Mary Crawley era la classica figlia viziata e in parte decisamente insopportabile a causa della sua mentalità puramente pragmatica nei confronti dei nuovi arrivati. Poi, complice l’amore per Matthew, si è addolcita, fino a diventare uno dei nuclei emotivi della serie, con una trasformazione tale che, nelle annate finali e anche nel film, è diventata praticamente la migliore amica di Branson, cosa assolutamente impensabile nel 2010 quando la conoscemmo per la prima volta.

Uno dei migliori esempi della scrittura a lungo termine di Fellowes, coadiuvato dalla performance di Michelle Dockery (la quale, per sua ammissione, nella vita è decisamente poco aristocratica, essendo originaria dell’Essex e quindi teoricamente più adatta a interpretare una serva).

 

 

2) MR. CARSON

Il maggiordomo di Downton, interpretato con granitica dignità da Jim Carter, Mr. Carson è una figura affascinante per il suo attaccamento al dovere, dietro il quale si cela però un affetto genuino per tutta la famiglia, in particolare per le tre figlie di Lord Grantham e soprattutto per Lady Mary, che difende dalle critiche di Mrs. Hughes nella prima stagione. Per certi versi è lui la vera anima della dimora, e il suo pensionamento nel finale di serie per motivi di salute è uno degli apici dello show a livello di pathos, così come lo è la sequenza del film in cui lui, in occasione della visita dei reali, torna a casa, per così dire, per servire ancora una volta i Crawley.

 

 

1) LADY VIOLET CRAWLEY

Potevamo non mettere lei al primo posto tra i migliori personaggi di Downton Abbey? Certo, Maggie Smith con la serie ha un rapporto che si può definire conflittuale (ha candidamente ammesso, dopo ripetute pressioni da parte di un conduttore televisivo, di non aver mai visto un episodio), ma la sua presenza nei panni dell’acida, perennemente sarcastica Lady Violet è una fonte di gioia come poche altre, grazie a un attaccamento alle tradizioni che fa del personaggio una riserva inesauribile di freddure nei confronti di tutto e tutti, parenti inclusi. La più bella, però, è stata tenuta da parte per il film, dove lei ancora una volta ruba la scena: “Io non litigo. Spiego.”

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MGF

Sabato 25 gennaio ritornano i dinosauri al Fratello Sole, con due spettacoli pomeridiani: 15.30 e 18.00

Ecco cosa dicono di loro:

Quattro risate nella preistoria tra comicità e dinosauri giganti

E se i dinosauri tornassero tra noi? E se ricomparisse anche l’uomo di Neanderthal? A teatro questo è possibile: ma non nell’illusione che si crea sul palcoscenico, ma proprio in carne e ossa.Una storia esilarante ambientata in un museo dove i giganti preistorici prenderanno vita grazie all’enigma della “tavola del tempo” risolto dal paleontologo tedesco Alfred. C’è poi la direttrice del museo, uno scienziato un po’ pazzo, due ladri maldestri e l’uomo di Neanderthal, che danno vita a una serie di gag e trovate che rendono lo spettacolo gradevole sia per gli adulti sia per i bambini.I dinosauri in scena sono 5 (un tyrannosaurusrex, un velociraptor e un triceratopo e 2 cuccioli di t.rex): 5 macchine straordinarie a grandezza naturale, costruite in gommapiuma e stoffa su uno scheletro d’acciaio, pesanti circa 40 chili e guidate all’interno da un operatore con telecamera, monitor e joystick per guidarne i movimenti. Un vero prodigio della tecnologia “animatronic” – ossia quella multi-disciplina che unisce anatomia, robotica, meccanica e teatro di figura per creare pupazzi con caratteristiche del tutto realistiche. .I nostri dinosauri sono stati scelti dalle seguenti  trasmissione televisive:  TU SI QUE VALES  – GRANDE FRATELLO VIP- I SOLITI IGNOTI.

Per info o prenotazioni :  366 9590150 dal lunedì al venerdì dalle 9.30 -12.30 e 17.00-19.30

Prezzo : Bambini € 10.00 – adulti € 13.00

Durata: 1 ora

Età consigliata: da 2 anni in poi

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Vi aspettiamo numerosi!

LEONARDO. LE OPERE

Docu-film di Phil Grabsky

MARTEDI’ 14 GENNAIO – ORE 16.00 e 21.00

Il nuovo docu-film che indaga le opere pittoriche dell’artista di Vinci per un’inedita visione in ULTRA HD accompagnata dal commento di alcuni dei massimi esperti mondiali di Leonardo.

LE OPERE PITTORICHE DI LEONARDO

di Beatrice Fiorello

Se c’è un artista che non ha bisogno di presentazioni, quello è Leonardo da Vinci.

Genio a tutto tondo, della sua epoca come della nostra, nel corso della sua vita ha esplorato moltissimi campi del sapere: quasi tutti, si potrebbe dire, passando con eguale disinvoltura dall’arte pittorica alla scienza, alla musica, alla geologia… si interessò persino di paleontologia, in un’epoca in cui non era certo comune interessarsi alla materia.

Nato a Vinci nel 1451, figlio bastardo di un notaio, fu presto messo a bottega presso l’artista Andrea del Verrocchio, e da subito cominciò a mostrare i segni inequivocabili di un precoce quanto straordinario talento, arrivando persino ad oscurare la maestria del Verrocchio.

La sua giovane mano si può già riconoscere nel dettaglio del volto di un angelo in un’opera del suo maestro (Il Battesimo di Cristo, 1475) e, non si può negare, oscura l’intero dipinto che pur nella sua splendida fattura è relegato ad essere una mera cornice per quel volto delicato e attraente. E proprio questa delicatezza nel dipingere i tratti umani è, secondo me, una delle caratteristiche più affascinanti di Leonardo, al di là di ovvie constatazioni sulla sua maestria e sulla sua straordinaria intelligenza eclettica: guardando un’opera di Leonardo non si può che restare affascinati da quei volti dolci, di bell’aspetto e quasi asessuati.

 

Nei volti dipinti da Leonardo le emozioni sono sempre le protagoniste: ne sono una prova gli innumerevoli disegni preparatori eseguiti per dipingere il perduto e grandemente rimpianto affresco raffigurante la Battaglia di Anghiari. Volti contratti, deformati dall’ira e dalla furia della battaglia, contorti nel dolore, estremamente diversi l’uno dall’altro e mai banali; tuttavia, ogni viso riporta sempre la consueta morbidezza dei tratti, sia nel soffice gonfiarsi delle guance di un giovinetto, sia nell’aggrumarsi delle rughe di un anziano.

 

Leonardo amava profondamente la realtà ed era in grado di trarre da essa il meglio e il peggio, la quotidianità e lo straordinario, per poi unire il tutto ed elevarlo ad un grado di bellezza e realismo quasi ultraterreno. L’arcinota Vergine delle Rocce ne è un fulgido esempio: un volto di mamma, quello di Maria, bello e immortale nella sua ordinaria bellezza, che è il viso di tutte le mamme. Dolce, un po’ stanco forse, con quell’ombra di preoccupazione che è presagio del destino che Maria sa attendere il suo unico Figlio, e forse una minuscola punta di disapprovazione per il piccolo Giovanni, che portando un bastone a croce ne è memoria visiva.

 

 

 

 

Oppure, i molteplici ritratti, dalla Monna Lisa alla Dama con l’Ermellino, finanche al ritratto di Ginevra de’ Benci e a La Belle Ferronière: ogni donna è diversa dalle altre, lo stile pittorico cambia in maniera innegabile da un ritratto all’altro e la veridicità della resa pittorica è tale che i personaggi all’epoca dovevano essere stati perfettamente riconoscibili e ancora stupisce come la mano delicata di Leonardo abbia saputo dare alla Monna Lisa quell’aura di mistero che la contraddistingue, sfumandola quasi nel paesaggio.  Sembra di riconoscere una donna timida e ritrosa, convinta a stento a farsi ritrarre, ma che vorrebbe essere da tutt’altra parte. Nella Dama con l’Ermellino e nella Belle Ferronière si riconosce un fiero orgoglio, eppure in toni diversi: la Dama è altera, nobile, fissa lo spettatore dall’alto in basso come a voler sottolineare il proprio rango, mentre la Ferronière è una superba bellezza del popolo, una donna che ci si aspetta possa essere l’angelo caduto dal cielo che serve da bere agli assetati e ne allieta la giornata con un sorriso, forse storto ma sicuramente così allegro da far dimenticare per un istante i dolori. Due donne forti, dunque, eppure nessuna delle due è stereotipata o caricaturizzata.

 

Ed è proprio questo suo talento nel cogliere il fluire dei sentimenti che rende doloroso osservare il suo autoritratto eseguito in tarda età: un vecchio dall’aria scorbutica, con le labbra piegate all’ingiù e le sopracciglia cespugliose aggrottate in un cipiglio duro e scostante. Una barba lunga, pochi accenni al resto del corpo: perché questo era, Leonardo, pura mente, e noi non possiamo ardire di immaginare quale peso deve recare al suo portatore una tale capacità di comprendere, teorizzare e mettere in atto. Possiamo solo figurarci un uomo che non smise mai di cercar “virtute e conoscenza”, per dirla con Dante Alighieri, un saggio mai pago della propria cultura, un affamato di novità dall’infanzia a quando l’ultimo respiro lasciò il suo petto, invitandolo ad una nuova scoperta.

Morì il 2 maggio del 1519, in Francia, solo.

 

 

“Chi ha provato il volo camminerà guardando il cielo, perché là è stato e là vuole tornare.”

Leonardo da Vinci

UN GIORNO DI PIOGGIA A NEW YORK

Regia di Woody Allen – USA, 2019 – 92′
con Timothée Chalamet, Selena Gomez, Jude Law

Gatsby (Timothée Chalamet) e Ashleigh (Elle Fanning), fidanzatini del college, entrambi di estrazione borghese, decidono di trascorrere un romantico weekend a New York, ma i loro piani vengono completamente stravolti non appena mettono piede in città. I due, fin dal loro arrivo a Manhattan, si ritrovano separati e si imbattono in una serie di incontri casuali che, in maniera più o meno significativa, cambieranno le loro vite.
In Un giorno di pioggia a New York il cinema di Allen si dipana in un gioco che rende omaggio alle fini tessiture della miglior commedia romantica hollywoodiana degli anni ’30 e ’40.
Il film è una mappatura del sentimento amoroso, in cui giocano un ruolo centrale il Tempo e il Caso, due variabili in grado di stravolgere qualsiasi disegno precostituito.

Paolo Castelli

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TORNA IL ‘SISTEMA ALLEN’ CON UNA COMMEDIA CAUSTICA, INCISIVA E INEFFABILE, COME LA NASCITA DI UN SENTIMENTO.

Marzia Gandolfi – MyMovies.it

Gatsby e Ashleigh hanno deciso di trascorrere un fine settimana a New York. Lui viene da New York e non vede l’ora di mostrare alla fidanzata la sua città natale e lo charme vintage dei suoi luoghi di predilezione.

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