LA MORTE NON E’ NIENTE
La morte non è niente.
Sono solamente passato dall’altra parte: è come fossi nascosto nella stanza accanto.
Io sono sempre io e tu sei sempre tu.
Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora.
Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare;
parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato.
Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste.
Continua a ridere di quello che ci faceva ridere,
di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme.
Prega, sorridi, pensami! Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima:
pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza.
La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto:
è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza.
Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente,
solo perché sono fuori dalla tua vista?
Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo.
Rassicurati, va tutto bene.
Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata.
Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace.
Non c’è modo di indagare il mistero eterno della morte, di penetrare il suo abisso senza luce, che appare perso in una insondabile assenza di significato.
“La morte si sconta vivendo”, diceva con parole atrocemente esatte un grande poeta italiano, Giuseppe Ungaretti, ricordando che la morte è un sentire tipico dei vivi, perché solo chi è vivo concepisce lo strazio della morte e, soprattutto, il dolore inguaribile per la perdita dei propri cari.
La verità è che la morte è una realtà inammissibile per i viventi che non riescono a capacitarsi di questa separazione definitiva, questa barriera invalicabile capace di separare l’amante dall’amato, l’amico dall’amico, genitori e figli, persone che in vita erano unite da legami saldi e indissolubili. Ciò che ci strazia della morte è la separazione, ma forse dovremmo comprendere che proprio questa stessa parola “separazione” è la matrice stessa del mistero della vita. Death is nothing at all, La morte non è niente, sembra richiamare la filosofia espressa da Sant’Agostino sulla continuità eterna della vita e l’immortalità dell’anima. Ne risulta una poesia consolatoria e non stucchevole che si posa sull’anima con l’effetto benefico di una preghiera.
Bisogna pensare morte e vita come un tutt’uno, perché nulla nell’universo è mai passato o perduto per sempre, tutto ritorna in un ciclo continuo. Ogni cosa esiste sullo stesso piano e morte e vita non sono che due volti una stessa realtà coesistente. Intesa in quest’ottica anche una parola dal peso di pietra, come “eternità”, assume tutto un altro significato. Perché ciascuno è eterno nel cuore di chi ama e non può esserci separazione definitiva, finché esiste il ricordo.
HENRY SCOTT HOLLAND
Henry Scott Holland (Ledbury, 27 gennaio 1847 – 17 marzo 1918) è stato un teologo e scrittore britannico, Regius Professor of Divinity presso l’Università di Oxford. Era anche un canonico della Christ Church. Le Scott Holland Memorial Lectures (conferenze) sono tenute in sua memoria. Nacque a Ledbury, Herefordshire, figlio di George Henry Holland (1818-1891) di Dumbleton Hall, Evesham, e dell’Hon. Charlotte Dorothy Gifford, figlia di Lord Gifford.
Studiò a Eton, dove fu allievo dell’autorevole maestro William Johnson Cory, e al Balliol College dell’Università di Oxford, dove ha conseguito una laurea di prima classe in Literae Humaniores. Nel periodo trascorso a Oxford è stato fortemente influenzato da Thomas Hill Green. Aveva i gradi di Oxford di Doctor of Divinity, Master of Arts, e il titolo onorario di Doctor of Letters.
Dopo la laurea, è stato eletto fellow della Christ Church di Oxford. Nel 1884, lasciò Oxford per la Cattedrale di San Paolo, dove fu nominato canonico.
Era profondamente interessato alla giustizia sociale e fondò il PESEK (Politica, Economia, Socialismo, Etica e cristianesimo), che condannava lo sfruttamento capitalista della povertà urbana. Nel 1889, ha fondato la Christian Social Union (CSU).
Nel 1910, è stato nominato Regius Professor di Divinity all’Università di Oxford, incarico che mantenne fino alla sua morte nel 1918. È sepolto nel cimitero della chiesa All Saints di Cuddesdon, vicino a Oxford. A causa del suo cognome, Mary Gladstone lo chiamava affettuosamente “Flying Dutchman” e “Fliegende Hollander”.
Mentre era nella Cattedrale di Saint Paul, Holland pronunciò un sermone nel maggio 1910, dopo la morte del re Edoardo VII, intitolato Death the King of Terrors in cui esplora le risposte naturali, ma apparentemente contraddittorie alla morte: la paura dell’inspiegabile e la fede nella continuità. È dalla sua discussione di quest’ultimo che forse è il suo scritto più noto, Death is nothing at all, è tratto.
Fonte: SoloLibri.net
MGF