NOSTALGIA Drammatico
Regia di Mario Martone –
Italia, 2022 – 117′
con Pierfrancesco Favino,
Tommaso Ragno, Francesco
Di Leva
LA TRAMA
Felice torna dopo quarant’anni vissuti in Egitto nel luogo dov’è nato, il rione Sanità di Napoli, apparentemente per incontrare la madre ormai anziana. Dopo la morte della donna, Felice incontra don Luigi, con cui instaura un rapporto basato sul dialogo, pur se tra molte reticenze, e durante una sorta di confessione (non in via sacramentale, non essendo egli cristiano) rivela che, in occasione di uno dei furti compiuti da ragazzi da lui e Oreste, quest’ultimo aveva ucciso il proprietario di una falegnameria. Padre Luigi lo caccia dalla chiesa, dicendogli che Oreste è diventato un boss pericoloso della camorra e che si fa chiamare ‘o Mal’omm. L’amico della madre di Felice lo mette in guardia a sua volta da quello che è conosciuto come un boss camorrista, e lo esorta a scappare da Napoli. Luigi gli fa conoscere una famiglia camorrista, e durante la cena beve un po’ di vino per la prima volta, diventa più disinibito e parla della sua infanzia passata con Oreste, facendo così ammutolire tutta la famiglia. Felice va a questo punto a trovare Oreste, ormai invecchiato.
LA RECENSIONE
PERDERSI VUOL DIRE TROVARSI: TROVARE SÉ STESSI, IL PROPRIO PASSATO, IL PROPRIO DESTINO.
Il film di Mario Martone, Nostalgia, parla di amore: non per una donna ma per una città, per la propria storia, e per gli anni della propria giovinezza.
La giovinezza, un po’ scapestrata che il protagonista della storia Felice (Pierfrancesco Favino) ha vissuto nel Rione Sanità, facendo impazzire la mamma mentre combinava guai piccoli e grandi con l’amico Oreste. Fino al giorno in cui i guai son stati troppo grandi, e Felice, spaventato, ha lasciato la Sanità, Napoli e l’Italia, sua mamma e Oreste, per ricominciare una nuova vita altrove.
Dopo quarant’anni di vita all’estero, gli ultimi passati al Cairo, dove è diventato un ricco imprenditore, Felice torna a Napoli, alla Sanità, per riabbracciare finalmente la madre anziana. E quello che trova, e che non trova, in questo suo tornare da straniero, è appunto la nostalgia per quel che è stato e quel che poteva essere, e la voglia di riallacciare i rapporti con quei posti, e quei personaggi, e fare pace col proprio passato.
Ma non sarà facile. E non era facile, nemmeno per Martone, gestire nella maniera adatta i toni di questo film, il rapporto del suo protagonista con quel sentimento sfuggevole e mobile che è raccontato dal titolo e dalla storia, senza diventare didascalico, senza essere melenso. Senza, al contrario, stare troppo distante dalle vicende e dalle passioni.
Trovare il fuoco giusto con cui raccontare la Napoli che del film è protagonista tanto quanto lo è Felice, e che all’inizio del film sconcerta, confonde e spaventa lui, e pure noi che guardiamo, e che lentamente si rivela ai nostri sguardi, e rivelandosi mostra tutta la sua complessità, e quella bellezza struggente e sentimentale che farà decidere a Felice di rimanerci, a Napoli.
Nonostante Oreste sia diventato un feroce boss camorrista, e gli abbia fatto arrivare un messaggio ben chiaro: lui, lì, è persona non grata, e non solo perché, pur musulmano, si è avvicinato tanto a un prete in lotta contro la malavita. La storia di Nostalgia è trascinante, trascinante in una maniera amniotica e inesorabile, quanto più impone lo smarrimento, nel modo in cui segue l’evoluzione di Felice, che nella confusione fisica ed emotiva che lo circonda, e nel suo ritorno al grande utero catacombale napoletano, impara a ricostruire una mappa di sé e del mondo, e si riappropria non solo di una lingua, ma di un legame con la Sanità (e quindi con parti di sé che aveva smarrito e negato nel corso di una vita) che non si era mai davvero dissolto, ma era stato solo sepolto dalla polvere del tempo.
E non serve stare a speculare sugli esiti, e sulle destinazioni esistenziali, ma ci si gode l’immersione in un mondo e in una storia, e nelle loro emozioni ancestrali e profonde.
Federico Gironi – Giornalista, scrittore e critico cinematografico
IL REGISTA
MARIO MARTONE
Napoli, 20 novembre 1959
Regista e sceneggiatore cinematografico italiano, Mario Martone è un teatrante con la vocazione per il grande schermo. Meraviglie e contraddizioni di Napoli hanno dato inizio alla personale ricerca dell’autore, tra storie intime di “amore molesto” e altre più grandi come quella del Risorgimento italiano. Dal privato al pubblico, la sua poetica è sempre alla ricerca di una verità nascosta.
Teatro e cinema
Fondatore del gruppo Falso Movimento e Teatri Uniti, Martone è un artista cresciuto grazie al teatro. Ha sperimentato diverse forme d’espressione (ha girato anche il film tv Perfidi incanti nel 1985) fino al debutto al cinema con Morte di un matematico napoletano (1992), dove racconta la vita di Renato Caccioppoli, uno scienziato dotato e pieno di talento ma incline ad un tormento interiore cronico che lo porta ad un drammatico suicidio. Nel cast troviamo Anna Bonaiuto, Carlo Cecchi, Renato Carpentieri e Toni Servillo (quest’ultimo in una delle prime apparizioni cinematografiche). L’anno successivo rimane nella sua terra natia a girare il mediometraggio Rasoi (1993), dove descrive la doppiezza di Napoli, arcaica da una parte, moderna dall’altra.
La consacrazione come regista
Nel 1994, assieme a Silvio Soldini e Paolo Rosa, partecipa al progetto Miracoli – Storia per corti, dove ogni regista gira un cortometraggio dedicato al tema del titolo: i piccoli e magici momenti ‘miracolosi’ di tre storie senza tempo. Continua ad affondare le sue ricerche tra i palazzi napoletani anche con il successivo L’amore molesto (1995), tratto dal romanzo omonimo di Elena Ferrante e vincitore del David di Donatello. Con questo film si apre ad una concretezza di contenuti che approda alla sensualità dei rapporti umani. Ritorna poi al cortometraggio con l’opera collettiva I Vesuviani (1997), seguito dal lungometraggio Teatro di guerra (1998) con Andrea Renzi, in cui il teatro si mescola al racconto della tragedia del conflitto nella ex Iugoslavia.
Pasolini e l’amore
Grazie all’interpretazione di Laura Betti, mette in piedi Una disperata vitalità (1999), un documentario che riporta alla luce alcune poesie di Pasolini. Sposta la sua attenzione, da Napoli a Roma, e gira L’odore del sangue (2004), con Michele Placido e Fanny Ardant protagonisti di una tormentata storia d’amore passionale e torbida.
La storia d’Italia
Dopo un altro breve documentario dedicato alla pittura, Caravaggio, l’ultimo tempo (2005), lavora ad uno dei progetti più imponenti della sua carriera, Noi credevamo (2010), storia di tre ragazzi meridionali coinvolti nella Giovine Italia contro i Borboni.
Gli ultimi film
Del 2014 è invece Il giovane favoloso, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia tra consensi di pubblico e critica e vincitore di vari David di Donatello.
Nel 2018 esce invece Capri-Revolution, in concorso alla 75ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, con protagonista Marianna Fontana, mentre del 2019 è Il sindaco del Rione Sanità.
Nel 2021 ancora una volta alla Mostra del Cinema di Venezia presenta Qui rido io, con protagonista Toni Servillo nel ruolo del commediografo e attore napoletano Eduardo Scarpetta. Nel 2022 presenta al Festival di Cannes la sua trasposizione del romanzo di Ermanno Rea Nostalgia, con Favino protagonista.
MGF